L'ITALIANO IN ULAN-BATOR: IL BARITONO FRANCO CERRI TRIONFA ALL'OPERA NAZIONALE DELLA MONGOLIA

Nato a Genova, Franco Cerri ha iniziato a frequentare la musica studiando privatamente il pianoforte e la danza, disciplina che gli ha fatto conoscere l'opera lirica, e lo ha spinto a misurarsi con il canto, è, tiene a precisare baritono drammatico.
Cerri è appena rientrato da Ulan-Bator, in Mongolia, dove ha debuttato in un personaggio per lui inconsueto, Dandini nella Cenerentola di Rossini che nel bicentenario della creazione dell’opera è stata presentata al Teatro Nazionale della Mongolia sotto la direzione del Maestro Jacopo Sipari di Pescasseroli. E mentre l’Arena di Verona accoglie un baritono mongolo in Rigoletto, un artista italiano miete successo in quella terra lontana.
“E’ stata un’esperienza esaltante” racconta il giovane artista: “da qualche tempo mi corteggiavano per fare quest’opera a Ulan-Bator. Ero perplesso. Da un lato Cenerentola e Rossini non erano nel mio repertorio e, dall’altro non capivo se la proposta di lavoro era una cosa seria. Ho un po’ temporeggiato.”. Il tramite fra Cerri e il Teatro Nazionale di Ulan-Bator è stata una cantante mongola sposata a Genova che a lui si è rivolta conoscendo il suo talento organizzativo. Ma è bastato poco e un gruppo di artisti italiani, a cominciare dal Maestro Sipari, è stato invitato all’Opera Nazionale della Mongolia e dall’Orchestra di Stato della Mongolia, due strutture vicine ma distinte. Nella prima è stata rappresentata con enorme successo, e per due serate incandescenti, La cenerentola, nella seconda gli artisti coinvolti nella nuova produzione hanno eseguito grandi arie del repertorio italiano. Il tutto aveva avuto, nell’aprile scorso una sorta di anteprima quando Cerri aveva rappresentato l'Italia ai “Mongolian cultural and business days” di Londra alla presenza dei reali d'Inghilterra.
“Sipari, che conosco da qualche tempo” racconta Franco “voleva una Cenerentola vecchia maniera, con voci piene, Don Magnifico, il basso Pietro Toscano, canta Verdi, Clorinda, Concetta Pepere è un soprano lirico pieno che ha in repertorio Butterfly. A queste condizioni mi sono sentito di entrare nella produzione e di fare il mio debutto in Dandini. Dall’Orchestra non ho avuto che complimenti, la tua dizione è così chiara, mi hanno detto in molti, che ci dava il senso del ritmo dell’opera italiana e ci ha aiutato a entrare in sintonia con il mondo rossiniano.”. Se per Cerri, Sipari e compagni l’esperienza è stata più che positiva, gli ospiti li hanno trattati come dei pionieri: “mai un italiano era andato a farsi ascoltare in Mongolia nel suo Teatro d’opera più importante.”. Per il prestigio dell’avvenimento l’Opera Nazionale di Ulan-Bator ha chiamato a fare parte del coro i quattro solisti del Nuance Group, un complesso vocale che potrebbe assomigliare al trio del Volo, “solo che hanno voci molto importanti, operano tra lirica e pop e in Asia sono grandi celebrità.”.
Ora la volontà del Teatro Nazionale della Mongolia è di ripetere l’esperienza il prossimo anno con un progetto sull’opera pucciniana. E, a proposito di Puccini, Cerri è in partenza per Torre del Lago dove, nell’ambito del Festival Pucciniano sarà interprete di una commissione che la rassegna toscana ha fatto a Luciana Spalletti: un’opera da camera su Giovanna d’Arco su libretto di Lisa Domenici. Da Torre del Lago Cerri si sposterà a Tagliacozzo per un concerto nell’ambito del Festival organizzato da Jacopo Sipari per fare poi ritorno in Toscana, a Lucca, dove la BBC scende a registrare un documentario su La Bohème e le riprese saranno fatte “live” al Teatro del Giglio: “Scalpito all’idea di rifare Marcello, che ho già interpretato sia a Bologna sia a Montecatini.”.
Cerri è un Bari-hunk, appare poco vestito in un sito molto frequentato dai melomani e dedicato ai più affascinanti baritoni della scena internazionale: quanto conta l’aspetto fisico oggi nell’opera? “Conta perché si cerca la congruità fra il personaggio e chi lo deve rappresentare. E l’attinenza deve essere anche estetica. Del resto oggi le regie sono molto dinamiche, bisogna essere degli atleti per rispondere alle esigenze dei registi: al Palazzo Ducale di Genova e con il patrocinio del Teatro Carlo Felice interpretavo Les Invisibles di Matteo Manzitti. Saputo che in origine ero ballerino il regista mi dice, quando non canti, balli. Sono uscito distrutto da quell’esperienza…”. E Dandini? “Lo voglio coltivare e riprendere. Mi ha fatto bene per cantare Verdi. C’è ancora una cosa che vorrei dire e non per nazionalismo. Ma quando noi italiani abbiamo cantato a Ulan-Bator, è venuta giù la sala. Abbiamo fatto breccia!” di Rino Alessi 10/07/2017 bellaunavitaallopera.blogspot.com

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