Riflessione di Giovanni Boer, Parroco di Santa Eufemia e Santa Tecla a Grignano - XXXII Domenica Tempo ordinario B --- Mc 12,38-44

Diceva loro nel suo insegnamento: “Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti. Divorano le case delle vedove e pregano a lungo per farsi vedere. Essi riceveranno una condanna più severa”. Seduto di fronte al tesoro, osservava come la folla vi gettava monete. Tanti ricchi ne gettavano molte. Ma, venuta una vedova povera, vi gettò due monetine, che fanno un soldo. Allora, chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro: “In verità io vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. 44Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere”. “Una gran folla lo ascoltava con piacere”. Queste poche parole precedono il nostro brano nel Vangelo di Marco e, se mi permettete una polemica dolce, non andavano tolte. Perché inquadrano ciò che Gesù dice oggi, ma fanno da cerniera anche con quanto viene narrato appena prima, e una delle ‘cose’ che vengono narrate prima è la questione sul comandamento più grande che abbiamo letto domenica scorsa. Dunque, una gran folla ascoltava Gesù con piacere quando parlava. È molto importante questo dettaglio. Siamo nel Tempio di Gerusalemme, dove si va per il culto per eccellenza e dove i maestri delle varie scuole rabbiniche insegnano ai loro discepoli e a quanti altri vogliono ascoltarli per decidere poi quale maestro seguire; altri invece vanno ad ascoltare i maestri un po’ per curiosità. Ora, Gesù mette in guardia dagli scribi! Lì, proprio nel loro regno, nel Tempio, nell’ambiente in cui essi praticavano lo studio della Legge e insegnavano ai loro allievi e discutevano tra loro sul significato della Legge e su come interpretarla quando essa lasciava adito a dubbi ...
Proprio lì Gesù dice ai suoi discepoli, mentre la folla lo ascolta, di guardarsi dagli scribi. Parla ai suoi discepoli come faceva ogni rabbino, e nel frattempo lo ascolta molta folla: immaginiamo che i più distanti, che non sentono bene, si fanno ripetere da quelli che hanno sentito che cosa diceva. Dunque, proprio nel Tempio Gesù mette in guardia dagli scribi. Diciamo che ci vuole un certo coraggio. Sarebbe però troppo facile soffermarsi su questo particolare e criticare questi scribi che sono ben distanti da noi. E sarebbe anche un errore, almeno come primo passo, cercare oggi subito qualcuno da etichettare come scriba che vuole farsi vedere, darsi importanza. Sarebbe un errore. Almeno per un motivo: perché se questa categoria di persone ha successo, ha seguaci, vuol dire che i loro seguaci alla fine, cercano le stesse cose. Allora io mi chiederei: io di chi sono seguace? Cosa cerco veramente quando mi scelgo un maestro? Quindi, per questa volta non fissiamo lo sguardo su questi scribi. Fissiamo invece lo sguardo sulla povera vedova. Perché Gesù osserva che tutti mettono qualcosa nel tesoro del tempio, che serviva per tutte le spese necessarie (lasciamo stare se quei soldi erano usati tutti con onestà dai responsabili del Tempio: faremmo una polemica inutile; così pure mettersi a dire che anche oggi la Chiesa non usa con saggezza i soldi dei fedeli ...
Evitiamo per stavolta polemiche simili. Almeno per una volta, perché questa polemica ci impedirebbe di concentrarci su di noi e punteremo sempre il dito sugli altri). Tutti mettono qualcosa, anche il gruppo di Gesù! Eppure, tra questi tutti c’è una vedova, povera. Tutti pescano dalla loro abbondanza, e c’è chi dà molto. Quella vedova, povera, invece, pesca dalla propria ristrettezza, dalla propria indigenza, e dà due spiccioli che sono tutto quello che aveva per vivere, cioè tutto ciò che in quel momento poteva. Non è uno scherzo! Vogliamo paragonare questa vedova povera a tutti gli altri? Se anche gli altri avessero tutti dato tutto quello che potevano, e no soltanto qualcosa di quello che potevano, allora sarebbero stati uguali alla vedova. Uguali come atteggiamento interiore e come impegno pratico nel mettere da parte i soldi. Dunque: tutto quello che poteva. Sia che fosse di Gerusalemme, sia che venisse da fuori, quella vedova aveva dovuto fare ben risparmio della sua povertà per poter offrire quei due spiccioli. Aveva dovuto metterli da parte. Sacrificarsi. Tutto ciò che aveva per vivere giorno per giorno aveva ben dovuto soppesarlo, per poter fare quell’offerta. Non è qualcosa che poteva dare così semplicemente, sempre. Ha dovuto intaccare la propria vita quotidiana. Mi chiedo se io sono così generoso e attento quando decido di fare un’offerta per l’onore di Dio. Gesù non rimprovera quelli che danno dalla loro abbondanza: almeno da come Marco narra il fatto (così come anche Luca) non sembra proprio che Gesù rimproveri gli altri.
Gesù fa notare però il punto centrale, profondo. Che vale per me parroco, vale per voi che mi leggete, vale per chiunque va in Chiesa. E cioè: quando faccio un’offerta, è un’offerta che mi costa oppure che manco m’accorgo d’aver fatto (non che mi costa perché sono tirchio: perché se son tirchio mi sembra sempre di strapparmi la pelle anche quando tiro fuori un ‘misero’ centesimo)? Che voglio dire con questa domanda, che rivolgo prima di tutto a me? Che dobbiamo aumentare le offerte che lasciamo in chiesa? Non intendo questo, che potrà anche esser utile o necessario in qualche momento, ma voglio concentrarmi sull’affetto con cui faccio un’offerta. E, qualora sia il caso, so sacrificarmi un po’ per farlo? Mi pare che Gesù ci chieda: quando doni qualcosa, con quale stato d’animo la doni? Coinvolgi tutta la tua vita nel dono che fai? Eventualmente, sei disposto a sacrificarti un po’ quando devi donare? Sai privarti di qualcosa? Lo ripeto, la domanda vien prima su di me parroco, e poi su ciascuno di voi. Fin qui per il Settimanale. Aggiungo per voi ... Oltre all’invito a me, anzitutto, e poi a ciascuno di voi di osservare con attenzione se nella nostra vita sociale (in famiglia, al lavoro, nello sport, nello svago, in parrocchia ...) ci sono situazioni nelle quali vogliamo i primi posti perché riteniamo di essere i primi, riteniamo di essere meritevoli di riconoscimenti, e se, oltre a rimanere male quando non ce li facessero, cresciamo dentro di noi un senso di disprezzo nei confronti degli altri ... Oltre a questo, vorrei soffermarmi ancora sul fatto della vedova. Gesù, scrivevo, non condanna i ricchi perché mettono tanto ma non intaccano la loro ricchezza. Osserva quello che fa la vedova, che per fare quell’offerta ha dovuto mettere da parte quei due spiccioli. Nelle casse del tesoro del Tempio quei due spiccioli non contavano nulla da sole, un’offerta assai cospicua di un solo ricco, invece, faceva aumentare le disponibilità economiche del Tempio in maniera visibile. Dunque Gesù attira l’attenzione sullo stato d’animo con cui venivano depositate le offerte.
Non sulla quantità. E attira l’attenzione anche sul fatto che per ognuna di quelle persone fare un’offerta aveva una sua importanza. Quindi anche la vedova povera, nel suo cuore, dava un significato tutto particolare a quei due spiccioli. Gesù dunque osserva il cuore. Mi permetto un’altra ‘provocazione’, positiva. Gesù, anche se lì non lo sa nessuno, è l’unico che proprio nel Tempio può dire qualcosa sul valore di quelle offerte, perché è Dio: dunque parla con ... “cognizione di causa”. La stessa Legge di Mosè raccomandava di fare le offerte con il cuore. Siamo, dunque, in presenza di una situazione curiosa: Dio, senza che nessuno se ne accorga che è Dio, commenta davanti ai discepoli e alla folla il valore di quelle offerte, e di quella della vedova. Il commento è autorevole, l’unico valido, proprio perché viene dalla mente di Gesù, che è Dio. Per me ci ricavo questo: non c’è nessuno che non sia in grado di donare qualcosa a Dio. È un grande incoraggiamento. Purché il cuore sia libero o, almeno, “quasi libero” dalla vanità e dalla vanagloria. Se combattiamo questo sentimento in noi, qualora ci fosse, ognuno potrà dare a Dio qualcosa, e Dio lo considererà con grande attenzione e affetto. Si tratta di osservare il nostro cuore. Posto che cerchiamo di averlo il più puro possibile, tutti possiamo trovare qualcosa da offrire a Dio, con affetto nei suoi confronti. Ognuno secondo quello che può. Con l’intenzione però di donarGli tutto, anche a costo di sacrificio. Non donarGli solo quello che non ci costa o che non intacca le nostre certezze. Ciò non vuol dire – soprattutto con il sistema economico di questi giorni – che non si deve mettere da parte nulla per il nostro domani e per i nostri figli. Ma vuol dire che se doniamo qualcosa, non può essere donata perché “mi tocca” o perché “non intacca” nulla di quello che ho, e al quale mi tengo avvinghiato come se fosse il mio dio. E, da ultimo, siamo una volta di più confortati dal fatto che Dio guarda sempre al nostro cuore, e ci accusa o ci loda solo per quello che teniamo nel cuore. ChiediamoGli con insistenza che ci faccia conoscere in profondità e in dettaglio il nostro cuore, così sapremo combattere la tirchieria (sotto qualsiasi forma) e invece scopriremo tante ‘cose’ che possiamo offrirGli.
Gli scribi, in sostanza, vengono accusati perché sono innamorati di se stessi e hanno bisogno che gli altri li mettano su un piedestallo. In concreto questo si manifesta, per loro, con il fatto che sono avidi e tirchi, nonché vanagloriosi. Come mai potessero mettere gli occhi sulle case delle vedove è un po’ complicato da spiegare, ma l’usura era già ben conosciuta, magari giustificata in maniera soft con i prestiti legati a pegno. E le vedove povere erano le più esposte. E guarda caso la vedova che Gesù mette in evidenza è proprio povera: sembra fatto quasi apposta! Chissà se anche quella povera vedova era legata a qualche prestito a pegno: i suoi due spiccioli avrebbero avuto in questo caso ancora più valore come offerta per Dio. Da quelle poche notizie che la Bibbia ci offre, e dalle fonti extra-bibliche non sembra che ci fosse molta misericordia verso i debitori. Comunque, il fatto degli scribi ripresi da Gesù va a toccare quelli tra di noi che sono super impegnati nella vita di parrocchia, nelle cose di Chiesa, nella Sacra Scrittura, nella Super teologia: perché questo sarebbero oggi gli scribi. Se qualcuno di noi oggi facesse parte di questa categoria, consideri bene se oltre a far mostra di essere ben esperto delle cose di Chiesa e di Dio è anche esperto di tirchieria, vanità, e mancanza di misericordia con chi si rivolge a loro per avere consigli, aiuti. Se cerca di avere sempre vantaggi da chi gli sta intorno. Oppure no, ed è interessato davvero al fatto che Dio sia conosciuto e amato. La capacità di accorgerci degli spiccioli.
Mi pare che il fatto della vedova povera ci stimoli anche su un altro punto. E cioè: Gesù osserva con attenzione tutto e tutti, ma non spettegola mai. Anche perché uno che osserva veramente in profondità non può mai spettegolare, poiché spettegola solo chi è superficiale, invidioso e geloso: pensa di aver capito tutto, di sapere bene, ma in verità non ha capito pressoché nulla. Dunque, Gesù osserva tutto e tutti. E richiama all’attenzione la vedeva dai due spiccioli. Gesù è nostro maestro: perché non gli chiediamo di farci avere occhi nuovi e penetranti, occhi acuti, non pettegoli né gelosi o invidiosi? Occhi che sappiano accorgersi degli spiccioli, e del cuore che sta dietro agli spiccioli. Occhi che sanno fissarsi sulle cose che fanno la differenza, che dicono la qualità e l’animo di una persona. Occhi che sappiano capire che a volte (o spesso) due spiccioli dicono un’immensa ricchezza del cuore. Vi benedico.

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