VITA (FELICE) DA CONTROTENORE: INTERVISTA AL CONTRALTISTA NICOLA MARCHESINI

Attualmente, scrive Marco Podda nel suo saggio su La voce del contratenore, grazie all’interesse sempre crescente per l’interpretazioone del repertorio musicale pre-classico realizzata con prassi esecutiva filologicamente corretta, la voce maschile iperacuta che affronta ruoli contraltili e sopranili, è sempre più utilizzata e studiata. Ne è conferma la storia professionale di Nicola Marchesini, vicentino, un artista molto serio e preparato che ho avuto l’occasione di apprezzare sia al Teatro Verdi di Trieste sia al Gran Teatro La Fenice. In entrambe le occasioni, lui, contraltista, affrontava personaggi che l’autore non aveva concepito per la sua corda. Questo non gli ha impedito di risolverli, anche scenicamente, nel migliore dei modi con grande musicalità, gusto e, nel caso di Orlovsky del Pipistrello di Strauss, con la lievità che è la sigla dell’operetta. Sotto il profilo strettamente vocale, quello che, a mio parere, contraddistingue Nicola Marchesini dagli altri controtenori da me ascoltati, è la pienezza del timbro e la ricerca di un’espressività che lo caratterizza anche quando affronta il repertorio barocco che è un po’ il terreno d’elezione per voci come la sua. Una delle prime e principali sedi della rinascita esecutiva della musica rinascimentale e barocca effettuata con criteri storici, è stata l’Inghilterra. In tale contesto culturale, scrive ancora Podda, che è medico foniatra oltre che musicista e controtenore, negli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso era ancora molto in uso la voce dei falsettisti nei cori delle cattedrali; a tali cantanti si è ricorso per la polifonia rinascimentale e, più avanti ancora, per ricoprire anche i ruoli solistici del Seicento e Settecento che nella maggior parte dei casi erano stati scritti per i castrati o “falsettisti naturali”.
L’operazione suscitò polemiche e critiche anche piuttosto aspre: le peculiarità stesse dell’emissione vocale del controtenore moderno non possono certamente competere, né tantomeno uguagliare la fonazione unica e irripetibile del cantore evirato, la cui voce, anzi, è stata la causa del relegare l’impiego del falsetto isolato controtenorile a ruoli marginali nel mondo musicale del 1600 e 1700. Durante tutto l’Ottocento la voce del controtenore fu ancor più marginalizzata nella professione artistica e, in qualche situazione, relegata all’amatorialità dei cori parrocchiali. Una piccolissima ripresa vi fu, verso la fine del secolo scorso, in Italia quando Lorenzo Perosi convinse il Papa a utilizzare per la musica sacra ragazzi e controtenori bandendo definitivamente gli ultimi sette castrati dalla Cappella Sistina. Nel 1911 Toscanini si servì di undici falsettisti nell’esecuzione della Messa di Requiem di Verdi. Fu Alfred Deller (1912-1988) l’artefice della rinascita del controtenore come voce solista. Benjamin Britten scrisse per lui la parte di Oberon nell’opera teatrale Midsummer Night’s Dream da Shakespeare e, da allora, lo stesso Britten e, più recentemente, musicisti come Terry Riley, Michael Nyman o Marco Tutino si sono rivolti a controtenori per talune figure adolescenziali da caratterizzare nelle loro opera teatrali.
Di fatto la fonazione controtenorile, osserva ancora Podda, è oggi utilizzata soprattutto nella musica cosiddetta leggera, dove più evidenti sono le ambiguità sessuali nel suono vocale rispetto alle categorie estetiche più conservative del repertorio contemporaneo classico. Con le dovute eccezioni, naturalmente: in Quartett di Luca Francesconi (Scala, 2011) il personaggio femminile della Marquise de Morteuil è affidato a un controtenore en travesti, tanto pe fare un esempio. Ma, certo, si tratta di un testo che nell’ambiguità sessuale dei due protagonisti ha la sua cifra precipua, rimandando ai celebri versi di Téophile Gautier in cui si canta il “duplice suono, d’uomo e donna ad un tempo: alto connubio bizzarro / ermafrodita tra le voci”. Detto questo, e per tornare a Nicola Marchesini da Vicenza, la sua storia professionale è, in certo qual modo, emblematica. Si appassiona alla musica e al canto bambino, incoraggiato da genitori musicofili, e a soli otto anni debutta nel piccolo ruolo del Pastorello che apre con il suo stornello il terzo atto dell’opera pucciniana, nella Tosca, niente meno che all’Arena di Verona, - era nell’organico del coro infantile da due anni - diretto da Carlo Franci nel celebre spettacolo di Franco Zeffirelli.
Marchesini, che ha studiato canto sotto la guida di Sherman Lowe e poi di Rene’ Jacobs, affiancando alle loro lezioni quelle con Mara Zampieri con cui ha sistemato alcune problematiche legate al passaggio di registro, ha affiancato il percorso artistico a quello degli studi umanistici conseguendo la laurea in Lettere presso l’Universita’ di Padova con il massimo dei voti e la lode, e il bacellierato, sempre con il massimo dei voti cum lode, al Triennio di Filosofia alla Pontificia Universita’ Lateranense in Roma. Dal 2001, dopo aver vinto il Primo Premio Assoluto nella categoria controtenori al Primo Concorso Internazionale “Beato Pio IX”, debutta nel ruolo di Saoul nell’Oratorio di Domenico Scarlatti Davidis Pugna et Victoria nell’ambito del Festival Scarlatti di Palermo organizzato dal Teatro Massimo. La grande occasione gli arriva però all’Opéra di Montecarlo dove Alan Curtis, da cui si è fatto ascoltare, lo invita a sostenere il ruolo di Nireno nel Giulio Cesare di Georg Friedrich Haendel. Lo spettacolo di Pier Luigi Pizzi richiama l’attenzione del pubblico e della critica anche perché, a Montecarlo, l’opera barocca non si faceva da tempo immemorabile. Nel corso delle prove fu proprio Pizzi a chiedere a Nicola di sostituire il collega che avrebbe dovuto interpretare il personaggio di Tolomeo, e che sarebbe arrivato in ritardo. Il risultato fu che, le otto recite per cui era stato scritturato, divennero più del doppio e l’impegno vide Marchesini interpretare, nello stesso spettacolo, due personaggi diversi, quello secondario e brillante di Nireno, e il più sostanzioso Tolomeo. Da Montecarlo la carriera di Nicola Marchesini prende il volo. Pier Luigi Pizzi lo chiama a Lecce per il Rinaldo di Haendel accanto a Daniela Barcellona e alla Ricciarelli, alla Fenice è Condulmero, un personaggio pensato per voce di basso, che Claudio Scimone e lo stesso Pizzi rimodellano per la sua personalità artistica.
Dalla Fenice passa a Firenze dove inzia una stretta collaborazione con Zubin Mehta che lo dirige nei Carmina Burana di Carl Orff ed è, sempre al Maggio Fiorentino, che si mette in evidenza in Tancredi di Rossini nel personaggio di Roggero, scritto per voce di mezzosoprano, “fui la rivelazione di quella produzione.”. Da Firenze a Ravenna il passo è breve, e anche l’audizione con Riccardo Muti gli fruttò vari concerti con il Maestro pugliese sempre per i Carmina Burana già sperimentati con Mehta, cui segue il Demofonte di Jommelli a Ravenna e in tournée europea.. A Trieste lo chiama Gino Landi per essere Orlovsky in un Pipistrello estivo al Teatro Verdi dove ritrova le sue radici nell’estremo Nord Est d’Italia “un cugino della mia mamma era capodistriano e viveva a Trieste. Le vacanze estive della mia infanzia erano fra Trieste e Pordenone…”. Come dire, quindici anni di carriera ai massimi livelli, che ha visto Marchesini affermarsi soprattutto all’estero, dove più c’è la consuetudine di rappresentare il repertorio rinascimentale e barocco, suo terreno d’elezione.
Oggi, racconta ancora “ho sotterrato l’ascia di guerra e vivo questo periodo di pandemia come un momento di studio e di riflessione; sto rivedendo alcuni personaggi rossiniani per esempio, Tancredi e Arsace, e questo mi impedisce di pensare che la mia è un’inattività forzata.”. E poi? “Ripenso agli incontri che mi hanno formato. Quello con Christopher Hogwood che mi fece debuttare alla Scala o, uno dei più affettuosi, con l’indimenticabile Lucia Valentini, cui chiesi ragazzo di ascoltarmi e che, senza farsi impressionare dalla spudoratezza con cui mi feci avanti, mi accolse con tenerezza e con aria quasi materna mi esortò a continuare a studiare. Sei nato per cantare, mi disse. Non lo posso dimenticare.”. Un CD in uscita nei prossimi mesi e varie onorificenze completano un lusinghiero ritratto d’artista: “Quando cominciano a premiarti per la carriera vuol dire che è arrivato il momento di cominciare a pensare a ritirarsi… Amici francesi mi dicono che il mio nome è stato inserito nel vocabolario di Le Parisien: che dire?”. Niente, complimenti Nicola Marchesini! 7/05 Nelle foto in pagina, alcuni recenti ritratti di Nicola Marchesini. di Rino Alessi bellaunavitaallopera.blogspot.com

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