Nel centenario della nascita di Maria Callas è in uscita da Zecchini il libro di Stephen Hastings
Quando Maria Callas arrivò in Italia nel giugno del 1947 – pronta a iniziare la sua carriera internazionale all’Arena di Verona – era ventitreenne e aveva già vissuto intensissimamente. Aveva attraversato gli anni della Depressione a New York e quelli della Seconda Guerra Mondiale ad Atene e, con l’aiuto di Elvira de Hidalgo, aveva addestrato la sua voce per affrontare un repertorio senza confini, diventando la stella più folgorante, e controversa, dell’Opera Nazionale Greca. Una volta arrivata in Italia la Callas non aveva nessuna voglia di parlare di quelle vicende, senza le quali però non sarebbe mai diventata un’artista capace di cambiare per sempre il mondo dell’opera. In questa biografia, quella fase un po’ segreta, ma appassionante, della sua vita viene raccontata da Stephen Hastings (già direttore della rivista MUSICA), che trova sempre il collegamento tra le esperienze formative, spesso angosciose, talvolta esaltanti, e le conquiste artistiche della diva più famosa di tutti i tempi.
Stephen Hastings
MARIA CALLAS
La formazione dell'Artista (1923-1947)
Verso la fine della carriera, Maria Callas volle smentire il mito della sgobbona che provava musicalmente fino allo sfinimento. «Più volte – disse – si è parlato dell'addestramento formidabile e dello studio ossessivo con cui mi avvicino ad ogni ruolo. Ma penso in realtà di esercitarmi molto meno della maggior parte dei miei contemporanei. Mi preparo mentalmente invece di faticare senza fine negli esercizi per ottenere qualcosa che con il giusto spirito mentale arriva senza sforzo».
Non avrebbe avuto tuttavia così facile accesso, nei suoi anni migliori, a un simile stato di grazia – che le permise di raggiungere una profondità espressiva mai superata nella storia del canto novecentesco – se non si fosse sottopposta, tra i tredici e i vent'anni, a un allenamento musicale e vocale da autentica virtuosa. Né sarebbe mai riuscita a dare vita credibilissima, sul palcoscenico come in disco, a personaggi così ricchi di contrasti se non avesse attraversato in quegli stessi anni, tra l'infanzia a New York e l'adolescenza ad Atene, esperienze umane così crude e illuminanti.
Qui si racconta la storia di quegli anni: una vicenda struggente, movimentata e talvolta traumatica nella quale tuttavia non venne mai meno alla giovane Callas la consapevolezza della propria vocazione e del proprio destino. Un destino che le regalò già allora, tra tante tribolazioni, la gioia di comunicare qualcosa di sublime e di essere compresa fino in fondo.
Indice sommario
Prefazione - Oltre il Novecento - Concepita ad Atene, nata a New York - Un'infanzia newyorchese - Lezioni ateniesi - Donna Elvira - Un debutto a quindici anni - Un addestramento belcantistico
Galleria fotografica
Tra leggerezze (musicali) e colpi bassi (dei colleghi) - Una Tosca bilingue - Il racconto di Marta - Santuzza e Smaragda - Un Fidelio che fa storia - Una Liberazione dolceamara - Venti mesi di stallo - Come una spugna
Nota bibliografica
Indice dei nomi
Prefazione
«Oggi si sente spesso ripetere che quando sbarcò in Italia Maria non era ancora nessuno, che solo in Italia, e dopo il suo matrimonio con Battista Meneghini, poté completare la propria formazione. Sono affermazioni assurde; nessuno può saperlo meglio di me» [Bruno Tosi, Giovane Callas, Padova 2007, p. 177]. Aveva ragione, Elvira de Hidalgo -- il soprano lirico-leggero di intrigante personalità che poi divenne la maestra di Maria Callas -- quando fu intervistata verso la fine degli anni cinquanta. Ma si dovette aspettare quasi un quarto di secolo (fino al 1983) per avere, grazie alle ricerche di Polyvios Marchand, una ricostruzione abbastanza completa della precocissima carriera greca di Maria Kaloyeropoúlou, che fu Tosca a diciotto anni, Leonore (nel Fidelio) a venti. E la prima biografia minuziosamente documentata del giovane soprano risale a quindici anni più tardi, quando lo storico Nikólaos Petsális-Diomídis pubblicò ad Atene La Callas sconosciuta: un volume di quasi mille pagine che raccolse, appena in tempo, le testimonianze di parenti, amici e colleghi che avevano conosciuto il soprano nei suoi anni formativi. I due libri non sono ancora stati tradotti in italiano, ma quello di Petsális-Diomídis, che comprende una cronologia teatrale basata sulle ricerche di Marchand, ha avuto per fortuna una diffusione abbastanza vasta, grazie soprattutto alla traduzione realizzata in lingua inglese da Timothy Cullen e pubblicata (col titolo The Unknown Callas) negli Stati Uniti nel 2001. Una versione meno dettagliata dell'originale (la lunghezza è ridotta a seicentosettantadue pagine), ma sottopposta a un'attenta revisione. Un testo che poi è diventato la fonte primaria -- come risulterà chiaramente dalle note a piè di pagina -- della narrazione che segue.
Una narrazione che tuttavia cerca di presentare le vicende della giovane Callas nel contesto più ampio della storia del canto e dell'interpretazione operistica. E mentre lo storico greco riporta scrupolosamente tutte le testimonianze d'epoca, anche quando sono in contraddizione tra di loro, qui si cercherà di dare una coerenza di fondo -- sul piano psicologico come su quello artistico -- a un racconto più breve e fruibile. Un'impresa non facile, perché la Callas aveva una personalità singolarmente stratificata. Non solo individuava d'istinto -- e meglio di qualsiasi altro cantante di cui esiste documentazione sonora -- un timbro diverso per ogni personaggio interpretato in palcoscenico come in sala d'incisione, ma risultava altrettanto camaleontica fuori scena. La voce, l'accento e persino le espressioni del volto mutavano notevolmente a seconda dell'interlocutore e della lingua usata (negli anni sessanta era ormai quadrilingue). Non c'era però nulla di falso, ingannevole o disonesto nel suo canto -- preferiva esporre le proprie debolezze piuttosto che tradire la musica -- e quando parlava della sua arte era, quasi sempre, altrettanto diretta e priva di infingimenti. Anche quando faticava a trovare le parole giuste, il significato era chiaro. Non a caso la sua lunga intervista televisiva nel 1968 con Lord Harewood è stata trascritta (e tradotta) in un libro, così come le sue masterclass alla Juilliard School di New York negli anni 1971-72. E se la Callas ormai matura era comprensibilmente riluttante a parlare delle sofferenze esistenziali che avevano segnato i suoi anni di apprendistato, ciò che scelse di rivelare è sufficiente -- se si presta la giusta attenzione alle sue parole -- per farci intuire la verità. Così come il suo canto -- oggetto di uno studio pressoché cinquantennale da parte di chi scrive -- ci mantiene sempre in contatto con l'essenza della sua anima.
Lo sforzo di comprendere una vita umana non può essere compiuto in solitudine. Devo molto alle conversazioni con alcune persone conobbero bene la Callas e collaborarono con lei: specialmente Michel Glotz, Giacinto Prandelli, Gianni Raimondi, Janine Reiss, Giulietta Simionato e Jeffrey Tate. Altrettanto utile è stato lo scambio continuo di idee e di informazioni, attraverso i decenni, con Davide Annachini, Michael Aspinall, Richard Copeman e Carmine Monaco d'Ambrosìa. Un ringraziamento particolare è dovuto infine a Karl van Zoggel (fondatore e direttore dell'aggiornatissimo Maria Callas Magazine) per il suo aiuto nella ricerca iconografica; al tenore James Gafgen, per le informazioni gentilmente fornite sulla sua maestra di canto Louise Caselotti (che lavorò con la Callas a New York negli anni 1946-47); alla pianista Donatella Failoni per la condivisione generosa di alcune lettere del soprano, e infine a Paolo e Roberto Zecchini, che hanno commissionato questo libro con entusiasmo quasi vent'anni fa e hanno atteso con molta pazienza che fosse pronto per andare in stampa...
pp. VI+210 - formato cm. 15x21 - illustrato - Euro 25,00
ISBN 978-88-6540-410-2
2/10/2023
INFO e FOTO:
ZECCHINI EDITORE
Via Tonale, 60 - I-21100 Varese - Italia bellaunavitaallopera.blogspot.com
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