DEDICATO A GREGORIO SCILTIAN (1900-1985) E AI SUOI EMULI

C’era una volta un pittore armeno di nome Gregorio Sciltian, ossia Grigorij Ivanovič Šiltjan nato a Rostov, il 20 agosto 1900, nell'insediamento armeno di Nakhichevan-na-Donu, che più tardi si fuse con la città russa di Rostov sul Don, da un avvocato e da una discendente di una benestante famiglia armena di industriali.
Si forma all'Accademia di San Pietroburgo e subisce l’influsso di Beardsley. L’esordio avviene a Rostov appena quindicenne con una raccolta di opere attente alle novità delle avanguardie cubo-futuriste. Nel 1919 in seguito della Rivoluzione d'ottobre lascia la Russia e si stabilisce a Costantinopoli. Con gli anni Venti del secolo scorso ritorna alla figurazione classica, e studia all'Accademia e nei Musei di Vienna le opere del Rinascimento italiano. È a Berlino nel 1922; nel 1923 sposa Elena Boberman e si trasferisce in Italia; apre uno studio a Roma e partecipa alla seconda Biennale romana nel 1925. Roberto Longhi presenta la sua personale alla casa d'arte Bragaglia. Il critico fa il punto sulla peculiarità di una pittura che recupera la tradizione caravaggesca e fiamminga con un realismo d’impressionante fedeltà fotografica: “una perfezione lenticolare raggiunta con una materia dalla cromia compatta e tecnica mutuata dalla pittura antica”.
Dopo un periodo parigino, rientra in Italia nel 1934, stabilendosi a Milano fino al 1941, e lavora anche come ritrattista. Approfondisce lo studio del manierismo mentre lavora d'estate a Gardone Riviera, sul Lago di Garda dove possiede un'abitazione (la vedova nel 1988 donerà sedici tele ed altri quadri della collezione privata al Vittoriale degli Italiani dove sono tuttora esposti a Villa Mirabella). Nel 1953 espone a Milano in un locale alla moda di via Monte Napoleone.
Ulteriori presenze a Parigi da Drouet nel 1958 e da Bernheim Jeune nel 1974. Antologica romana a Palazzo Venezia nel 1970. Dagli anni Cinquanta realizza costumi per il Maggio Musicale Fiorentino e per il Teatro alla Scala; dagli anni Sessanta lavora su soggetti religiosi; illustra opere per l'editoria. Pubblica i libri autobiografici Muore a Roma il 1º aprile 1985 e viene sepolto presso il Cimitero acattolico di Roma. Sulla lapide è riportato il suo aforisma: “L'unico vero e supremo scopo dell'arte della pittura è stato e sarà sempre quello di ottenere l'illusione della realtà”.
Un aforisma che potrebbe piacere al giovane artista catanese Alfonso Restivo che a Catania si è formato e dipinge nello stile iperrealista e imita quindi la tecnica pittorica degli antichi Maestri rinascimentali aggiungendo un tocco personale, come fece Sciltian. Caravaggio è un modello per entrambi. Se Sciltian aveva potuto ritrarre grandi personalità come Eduardo o il professor Giordano Dell’Amore, il giovane collega si deve accontentare di Franco Morsia dei Beans, dello stilista Domenico Caraceni o di Gabriella Sassone che, ci dicono, è regina del Gossip su Dagospia ed Eva3000. Info: www.russiinitalia.com di Rino Alessi 29/06/2017 bellaunavitaallopera.blogspot.com

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