DANIELA MAZZUCATO E MAX RENE' COSOTTI: UNA COPPIA DI PROFESSIONISTI INOSSIDABILE SI E' FATTA AMMIRARE AL BASTIONE ROTONDO DEL CASTELLO DI SAN GIUSTO
Da sovrani dell’operetta eccoli trasformati in cantori d’amore.
Daniela Mazzucato e Max René Cosotti non finiscono più di stupire e tornano a mettersi in gioco. L’occasione è uno spettacolo scritto e ideato da Raffaele Sincovich, teatrante triestino, El lusigor dei oci tui, nato per celebrare l’otto marzo e la festa della donna e già presentato, in forma ridotta, in quell’occasione. Ora lo spettacolo si è arricchito, e il brillio dei tuoi occhi, in altre parole i versi di Saffo tradotti in un triestino “letterario”, dopo aver coinvolto le due donne di casa, Daniela Mazzucato e sua figlia Myriam Cosotti, attrice, ha mobilitato anche il capofamiglia.
Ed eccoli tutti e tre, la Cosotti family al completo, al leggio sul piccolo palco del Bastione Rotondo un sabato sera di fine agosto a Trieste Estate. Oltre a loro c’è la bravissima Alessandra Sagelli, elegantissima in rosso, al pianoforte. E c’è, naturalmente l’autore, regista e cointerprete che spiega “l’idea centrale era quella di riportare attraverso il dialetto – una lingua del cuore aggiungiamo noi – i versi della poetessa greca Saffo in una dimensione più comprensibile in grado di conferire forza ed emozione al testo.”.
Saffo in triestino? Ci siamo detti nell’apprendere la notizia e l’invito allo spettacolo dai diretti interessati, Max e Daniela. Ma questi sono diventati matti. E invece no, perché lo spettacolo, sobrio e conciso, ci ha coinvolto ed emozionato.
L’emozione più grande è stata, naturalmente, ritrovare i sovrani dell’operetta in splendida forma, fisica e vocale. Voci ancora sane, ferme, capaci di flettersi, dare espressione al loro canto e di comunicare, oltre al testo, restituito con puntigliosa esattezza, la gioia insita nel loro fare musica e teatro con classe ed eleganza. Poi di ammirare la recitazione spigliata e il talento, costruito con il lavoro più che innato, di Myriam Cosotti.
Oltre alla parte recitata in triestino da madre e figlia, un vernacolo se vogliamo addolcito in bocca veneziana, El lusigor dei oci tui presentava, altre due lingue, queste non minoritarie per usare un termine tecnico, il francese di Pierre Louÿs che nelle sue Chansons de Bilitis musicate da Debussy ha rivisitato e reso omaggio alla poetessa greca e l’italiano alto di Giacomo Leopardi che nell’Ultimo canto di Saffo dà con i suoi versi immortali la sua personale interpretazione del mito di Saffo.
Mito, va detto, misterioso e avvolto dall’ambiguità dell’aggettivo saffico che lo spettacolo, volto a mettere in risalto il tema dell’amore in tutte le sue sfumature nemmeno cita.
Vissuta tra la fine del secolo 7° e la prima metà del 6° avanti Cristo, Saffo, poetessa greca di Lesbo, l’isola greca situata nell’Egeo nordorientale, nacque ad Ereso, ma visse nella principale città di Lesbo, Mitilene. Era di famiglia nobile e secondo una notizia antica fu, tra il 607 e il 590, in esilio in Sicilia, forse perché in contrasto con la stirpe dei Cleanattidi, dominante in Mitilene.
Fu amica di Alceo, poeta, che l'ammirò molto; ebbe una figlia, Cleide, e tre fratelli, Larico, Carasso ed Eurigio, dei quali parla nelle sue poesie. La sua vita trascorse, dedicata esclusivamente alla poesia, in un tiaso, ossia un’associazione religiosa, dove, attorno a lei, si raccoglievano le giovani di Lesbo e straniere che esercitavano la poesia, la musica e la danza. Per queste ragazze Saffo esprime nelle sue poesie sentimenti d'amore, sui quali fin dai tempi antichi si è discusso, cercando un'interpretazione che non urtasse la sensibilità morale dei tempi classici e poi dei nostri tempi.
Una sorte singolare ebbe Saffo, per aver celebrato gli amori di Afrodite e del demone Faone: si creò la leggenda di un amore disperato per un giovinetto, Faone per l’appunto, che avrebbe condotto la poetessa a suicidarsi gettandosi dalla rupe di Leucade. Il motivo, divenuto famoso, fu ripreso da Ovidio e passò anche nel neopitagorismo, in cui il suicidio di Saffo simboleggia l'anima dell'uomo che si annega nell'armonia del creato.
Leopardi fa sua la leggenda e la colora del suo pessimismo cosmico che la lettura di Max René Cosotti ha ben restituito.
Sia Max sia Daniela hanno poi interpretato, tra un verso e l’altro, qualche aria da salotto di Francesco Paolo Tosti che di recente è entrato nel loro vasto repertorio. E le musiche di Tosti, autore sottovalutato, hanno fatto da raccordo musicale al tutto nella bella esecuzione di Alessandra Sagelli, di cui abbiamo ammirato anche concentrazione e tempismo, che alla classe delle voci ha saputo rispondere con la classe del suo tocco.
Il risultato è stato sorprendente, almeno per chi scrive. Ma anche per chi ha organizzato la serata se è vero che sulla sua pagina Facebook Raffaele Sincovich ha scritto: “Grazie a tutti quelli che sono venuti a vederci ieri. Siamo soddisfatti e contenti del caloroso esito! Grazie al mio meraviglioso cast! Mi scuso con tutti quelli che sono rimasti fuori, ma purtroppo si è raggiunto il massimo di capienza in pochissimo tempo: spero di poter riproporvi quello che nostro malgrado vi siete persi.”. Attendiamo la replica!
Info: www.triestestate.it/
di Rino Alessi
28/08/2017
bellaunavitaallopera.blogspot.com
Ciao cari ed amati Daniela e Max! Vi abbraccio
RispondiEliminaLuisa