ANTONIOZZI CANTANTE O REGISTA? QUESTO E' IL PROBLEMA

Perché ho cominciato a fare il regista? Perché sentivo ripetermi in continuazione da amici e colleghi questa domanda e, alla fine, ho detto, va bene ci provo. La mia prima regia la firmai nel 2008, era il mio primo Barbiere rossiniano al Tuscia Opera Festival, nell’opera che aveva segnato il mio debutto in palcoscenico, a Genova, nel personaggio di Bartolo. Subito dopo mi scritturano per una nuova produzione di Don Pasquale al Teatro Comunale di Bologna, anche questa un’opera che avevo interpretato centinaia di volte e che era il cavallo di battaglia del mio maestro e secondo padre Sesto Bruscantini. Sono nato a Viterbo, dove vivo e dopo il conseguimento degli studi classici che nella mia formazione hanno pesato e non poco, ho infatti studiato canto con uno dei più grandi baritoni di ogni epoca, Sesto Bruscantini.
Ho vinto il mio primo concorso a ventun anni e a ventidue ero già in palcoscenico. Ho sempre lavorato e continuo a farlo, prima come cantante, poi alternando i miei personaggi più riusciti a quelli che non potrei interpretare mai e che quindi metto in scena. Posso dire che nel corso della mia più che trentennale carriera ho calcato e continuo a calcare i palcoscenici dei maggiori teatri del mondo e sono stato diretto dalle più prestigiose bacchette, interpretando i grandi titoli dell’opera buffa e includendo nel mio repertorio felicissime incursioni nel repertorio moderno e contemporaneo, uno per tutti il Trittico di opere in un atto di Luciano Chailly che facemmo a Palermo con Pippo Crivelli, Daniela Mazzucato, Elena Zilio e tanti altri.
Dopo il debutto bolognese che era realizzato in collaborazione con la Scuola dell’Opera del Teatro Comunale ho fatto sempre al Teatro Comunale, la regia di Traviata, allestimento che è stato ripreso in seguito al Teatro Lirico di Cagliari, in Giappone, alla Nikikai Opera Foundation e che riprenderò tra poco a Bologna con i ragazzi della Scuola. Ultimamente la tendenza degli spettacoli è, famolo strano in modo che se ne parli. Io cerco di non fare trasposizioni temporali e ho applicato alla regia il metodo che ho sempre adottato per lo studio dei miei personaggi. Solo che anziché applicarlo solo al mio, lo applico a tutti i personaggi dell’opera. Del resto sono stato seduto di nascosto per anni alle prove luci di Cobelli, di Pierluigi Pizzi, di Puecher, di Chazalettes, di Ponnelle. Qualcosa ho imparato. Sono felice di farlo e sono felici anche quelli che lavorano con me. Nel fare la regia d’opera mi aiuta il fatto che conosco la mentalità dei cantanti e so come gestirli. So cosa c’è dietro quel capriccio. So perché una primadonna non vuole indossare un costume. Mi sforzo di fare delle regie che abbiano a che fare con la musica. La mia voce? Mi dicono da trentatre anni che ho una voce di merda e che non so cantare. Certo non ho la canna di Bastianini e il suo colore, ma la tecnica di canto so cos’è e la devo al mio Maestro e padre Bruscantini. Poi la mia voce è sonora e passa anche nei teatri molto grandi, mi dicono. Delle cose che ho fatto sono molto orgoglioso delle esperienze a Martina Franca dove il Direttore Triola mi ha dato fiducia e al Festival della Valle d’Itria sono stato con Der Diktator e Il Tribuno e più recentemente con La Grotta di Trofonio in cui ho chiamato a debuttare a Martina Daniela Mazzucato che con Mariella Devia è uno dei miei grandi amori.
Nel 2011 ho scritto e interpretato, insieme a Davide Livermore che per me è un fratello, e a Corrado Rollin, W Verdi, Giuseppe, documentario sull’Opera come linguaggio fondante del Risorgimento prodotto e distribuito dalla Radiotelevisione Svizzera Italiana e dal gruppo La Stampa per il centocinquantenario dell’Unità d’Italia. So fare l’operetta che per me è un valore aggiunto. Ho anche inciso per le etichette EMI, Ricordi, Opera Rara e Bongiovanni. Per essere un cane non m’è andata male….

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