ZENO RIVIVE A TRIESTE TUTTO IL SUO DISAGIO

TRIESTE - "Perchè faccio Svevo in televisione? Forse perchè non ha un senso farlo, visti i tempi che corrono. E ne sono felice e orgoglioso". Sandro Bolchi sta girando a Trieste La coscienza di Zeno, ha invaso la città sveviana con la sua troupe di una quarantina di persone, con Johnny Dorelli, che è Zeno, con Ottavia Piccolo, che è Augusta, la moglie, con gli altri interpreti del tv-film. "C' è un involgarimento dell' immagine televisiva" insiste il regista "la Rai scimmiotta Berlusconi. La tv di oggi è quella delle grandi stanze in cui si parla. Il resto non esiste più o quasi". Perchè, allora, questo Svevo contro corrente? "Forse per la voglia di tornare a Trieste dove ho trascorso la mia adolescenza scolastica. Mi sono riletto Zeno due anni fa, mi ha colpito l' umorismo ebraico di certe pagine e mi sono detto: "Perchè non tentare un' operazione televisiva su un romanzo bistrattato, troppo poco noto, in fondo, rispetto al suo valore. Alla Rai, in tempi di audience a tutti i costi, erano fatalmente preoccupati.
Direi che a sciogliere le riserve è intervenuta la scelta di Dorelli per il ruolo protagonista. Dorelli è un personaggio molto popolare, ma è soprattutto un attore ironico, lieve, aggraziato. Una sorta di faccia da uomo senza qualità di Musil". Prodotta da Bolchi stesso questa Coscienza di Zeno arriverà l' anno prossimo sugli schermi di RaiDue. Due serate per circa tre ore di film su una sceneggiatura firmata da Tullio Kezich e Dante Guardamagna. Alla base del copione c' è la riduzione teatrale, ad opera dello stesso Kezich, del romanzo sveviano. Se ne ricordano, anni addietro (ed anche in tivù), la splendida edizione dello Stabile genovese con regia di Squarzina e Alberto Lionello. Più recentemente, di Zeno si fece carico una produzione dello Stabile di Trieste con Renzo Montagnani e Franco Giraldi regista. La casualità ha voluto che, in tempi di cicliche Svevo reinassances, contemporaneamente al tv-film vedremo Zeno anche a teatro, nella ripresa ad opera di Giulio Bosetti ed Egisto Marcucci. "Direi comunque che non si possono fare paragoni" spiega Bolchi. "Qui l' andamento è molto più cinematografico, la triestinità del libro sarà molto evidente, le riprese in esterni, e sono veramente tante, saranno tutte girate qui a Trieste fino alla fine di ottobre. Spero proprio di riuscire a dare della città un' immagine meno banale di quella vista in Giulia Giulia". Nei giorni scorsi, ad esempio all' interno del Caffè San Marco, l' unico superstite di una gloriosa stirpe di caffè triestini nella sua quasi originaria veste ottocentesca, Dorelli-Zeno ha fatto la conoscenza con il futuro suocero Malfenti, un Mario Maranzana anche lui recuperato alle sue origini triestine. Tre giorni di riprese, e poi l' antico e tranquillo caffè, caro a scrittori e uomini di cultura che vengono a trascorrervi i rigigi pomeriggi invernali, seguirà la sorte dei confratelli per un severo restauro che lo trasformerà, si teme, in un locale vagamente post-moderno. Johnny Dorelli, impegnato a calarsi nei panni di Zeno, a raccontare con la sua faccia normale il disagio di un uomo perennemente a disagio, ha accettato volentieri l' idea di lasciare il varietà berlusconiano per un testo "impegnato": "Zeno è anche un personaggio ironico, fa parte delle mie corde, insomma. Mi pìace l' idea di farlo. Del resto, nella mia carriera, quello che mi ha sempre spinto è stata la curiosità di fare nuove esperienze, di non legarmi a schemi fissi". Nessuna nostalgia di "Premiatissima"? "Perchè? Ho ancora un contratto con Berlusconi e lo rispetterò. Questa esperienza non ha le caratteristiche del grande ascolto e l' avrei fatta comunque, anche se ad offrirmela fosse stato lui. Il contenitore come programma è una formula un po' logora, lo dico da tempo, ma sono fra i pochi. Ci possono essere strade che conducono ad un leggero cambiamento".
Modelli per questo suo Zeno? "Non mi rifaccio al teatro, alle edizioni precedenti che non ho visto. E poi penso che in cinema il discorso sia un altro rispetto a Zeno. Bisogna trovare l' equilibrio per rendere sullo schermo scatti e incertezze del personaggio che sono anche bambineschi". Del cast di questo Zeno televisivo fanno parte, oltre a Dorelli, alla Piccolo, a Maranzana, Sergio Fantoni, che è il dottor S. lo psicanalista, Alain Cuny, che è il padre di Zeno, Eleonora Brigliadori, che è Ada, Andrea Giordana che è il rivale di Zeno, Guido Speier, Christiane Jean, Carla l' amante e tutto un gruppo di caratteristi triestini: da Mimmo Lo Vecchio a Orazio Bobbio, da Ariella Reggio a Gianfranco Saletta, cui sono affidati i ruoli dialettali.
Quasi 400 persone sono state reclutate per le scene di massa che hanno visto il canale di Ponterosso ritornare agli antichi splendori e ripopolarsi di imbarcazioni. Il matrimonio tra Zeno e Augusta, la seconda delle sorelle Malfenti, è stato ricostruito anzichè nella cattedrale di San Giusto nella chiesetta carsica di Zolla. Collaborano al film, che costerà all' incirca tre miliardi, la costumista Andretta Ferrero, lo scenografo Elio Balletti, il direttore della fotografia Giorgio Di Battista. Cosa è cambiato, Bolchi, tra il modo in cui s' affronta oggi Svevo e quello in cui, ieri, lei portava in televisione Manzoni o Dostoevskij? "Tutto, direi. Allora c' era una soggezione totale al testo. Eravamo in ginocchio davanti al libro. Oggi c' è un rapporto più libero. Anche se, nelle grandi linee, resteremo molto fedeli al romanzo. A noi interessa mettere in evidenza che Svevo ha una magia, non è noioso. E' divertente, ironico, grottesco, spiritoso. E poi, se permette, entro in una zona che conosco bene, profondamente. Sono stato il primo a rischiare con un testo teatrale di Svevo, proprio allo Stabile di Trieste, era il 1961 o giù di lì. Un marito ebbe già allora un successo inaspettato". E Letizia Svevo Fonda Savio, la figlia oggi novantenne dello scrittore, come accoglie questi nuovi tributi al padre? "Cosa le devo dire? La fama di papà mi tiene in vita. E' una soddisfazione enorme. Ho continuamente gente che viene ad interrogarmi su di lui. Adesso Svevo sarà tradotto in catalano e in giapponese. Forse ho un po' di rimorsi. Sono solo la figlia di Svevo, e godo immensamente di questa fama che lo accompagna in tutto il mondo. Mio padre, in fondo, ne ha goduto soltanto nei suoi ultimi due anni di vita". di RINO ALESSI La Repubblica 17 ottobre 1987

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