RISURREZIONE: ED E' GIUNTA L'ORA DI ALFANO AL MAGGIO MUSICALE FIORENTINO

Chi l’avrebbe mai detto, ma il rinnovato interesse nei confronti dell’opera italiana del primo Novecento ha dato nuove opportunità per farsi apprezzare anche a Franco Alfano, di cui i più ricordano soltanto il finale dell’incompiuta Turandot di Giacomo Puccini. Ed ecco che il Teatro del Maggio Fiorentino rispolvera Risurrezione, l 'opera in quattro atti su libretto di Cesare Hanau liberamente tratto dal romanzo di Leo Tolstoy Resurrezione. La prima rappresentazione ebbe luogo il 30 novembre 1904, al Teatro Vittorio Emanuele di Torino diretta da Tullio Serafin. In questa opera Alfano cercò di seguire le tendenze musicali veriste, ma si distinse per una maggiore varietà orchestrale e timbrica. Ottenne un successo duraturo, tanto da arrivare alle mille rappresentazioni nel 1951. L’oblio degli anni successivi, interrotto da qualche sporadica ripresa, si è spezzato due anni fa quando il lavoro di un Alfano trentenne fresco di studi musicali fra Parigi e la Germania fu ripreso al Festival di Wexford. Da Wexford arriva ora lo spettacolo che abbiamo seguito a Firenze in un Teatro del Maggio quasi pieno e che è stato accolto con molto favore.
Lo firmano Rosetta Cucchi per la regia con le collaborazioni di Tiziano Santi per le scene, Claudia Pernigotti per i costumi e Ginevra Lombardo per le luci basate sul design originale di D.M.Wood. E’ uno spettacolo composito, d’impianto tradizionale, ma pulito e lineare che non stravolge il dettato dell’opera e ne amplifica la drammaticità. I quattro atti sono divisi in due parti dando un posto d’onore al secondo, il più coinvolgente dell’opera e quello in cui più la drammaturgia alfaniana si scosta dal testo originale che il musicista campano conobbe nella riduzione teatrale in francese di Henri Bataille. E’ quello in cui la giovane Katiusha, cacciata dalla casa padronale in cui era a servizio perché incinta del principe Dimitri, tenta invano di riavvicinarsi all’amato che l’ha sedotta e lo attende al freddo della stazione di una borgata della piccola Russia. Nell’opera di Alfano, infatti, l’attenzione dell’autore è spostata dalla figura maschile che domina nel romanzo di Tolstoy, alla vicenda umana di degradazione e risurrezione dell’eroina al centro della vicenda.
Katiusha che respinta dal principe finisce per prostituirsi ed è accusata ingiustamente di un crimine che non ha commesso ed è condannata alla deportazione in Siberia intona, proprio nel secondo atto, l’aria più celebre dell’opera, quell’arioso “Dio, pietoso” che grandi artiste come Magda Olivero ebbero nel loro abituale repertorio e la cui melodia è ripresa con rara efficacia nel finale dell’atto. Nel prosieguo, Alfano non ci pare riesca a scindere il bozzettismo degli episodi secondari dai momenti in cui i protagonisti vengono alla ribalta e Risurrezione, pur nel suo lodevole intento di seguire un percorso di rinnovamento finisce per disperdersi in mille rivoli secondari. Detto questo l’esecuzione ci è sembrata volenterosa e degna di rispetto ma non memorabile come l’occasione avrebbe meritato. La compagnia è dominata dalla protagonista, il soprano francese Anne Sophie Dupreis, che è molto concentrata e partecipe come attrice, sostenuta oltretutto da qualità recitative non indifferenti, ma non è sostenuta da una vocalità che renda giustizia all’impegno affidatole.
Più felice, sotto il profilo strettamente vocale, è la prova del tenore americano Matthew Vickers che è abile nel delineare la passione amorosa di Dimitri forte di uno strumento che sa piegarsi a fraseggi espressivi. Leon Kim, dal canto suo, è molto convincente nel tratteggiare il prigioniero politico Simonson che Katiusha finirà col preferire al principe per iniziare la sua risurrezione. Gli altri, tutti molto encomiabili, hanno compiti meno rilevanti da adempiere e provengono in gran parte dalle fila dell’ottimo coro stabile del Maggio preparato da Lorenzo Fratini e ben presente anche in questa produzione. Da elogiare senza riserve è la direzione di Francesco Lanzillotta alla testa dell’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino che restituisce timbrica e varietà orchestrale con giusta passione e buon impatto fonico. Considerando l’acustica non felicissima del nuovo Teatro del Maggio, è un risultato più che ragguardevole. Al termine delle due ore e mezza abbondanti di spettacolo il pubblico ha molto festeggiato gli artefici della serata. 23 gennaio 2020. di Rino Alessi. Foto di Michele Monasta. bellaunavitaallopera.blogspot.com

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