IL TEATRO VERDI DI TRIESTE HA CHIUSO LA STAGIONE LIRICA 2023/2024 CON UN DITTICO NOVECENTESCO E PRESENTATO LA PROSSIMA CHE PROPORRA' TITOLI DI GRANDE REPERTORIO

Otto titoli, di cui sei realizzati dal Teatro Verdi di Trieste nei suoi laboratori, due per la prima volta in coproduzione con il Comunale di Bologna; il ritorno di Wagner con il giovanile Der Fliegende Holländer diretto da Enrico Calesso dopo parecchie stagioni di assenza, il raro Candide di Bernstein per il repertorio novecentesco a chiudere la stagione, ma anche voci emergenti come Amartuvshin Enkhbat in Rigoletto, Anastasia Bartoli in Suor Angelica e Roman Burdenko in Gianni Schicchi e Il Tabarro, bacchette di qualità come Francesco Ivan Ciampa Ciampa per il trittico pucciniano, Calesso impegnato oltre che in Wagner nella Traviata inaugurale e il beniamino del pubblico Oren.
La conferma di un titolo donizettiano per il secondo anno consecutivo: la stagione è stata presentata nel corso delle repliche dell’ultimo spettacolo di quella appena conclusa. Il dettaglio di un cartellone dedicato al repertorio più conosciuto, prevede l’otto novembre l’inaugurazione con La Traviata nel nuovo allestimento del regista francese Arnoud Bernard, recente Premio Abbiati per la regia. A dicembre il balletto Don Quixote, nella produzione del Teatro Nazionale Sloveno di Lubiana, guidato dal coreografo veronese Renato Zanella, che quest’anno porterà a Trieste il celeberrimo titolo ottocentesco di Ludwig Minkus su libretto e coreografia di Marius Petipa con le modifiche del 1900 di Alexander Gorky. Il nuovo anno si aprirà a gennaio con Die Entführung aus dem Serail di Mozart nel nuovo allestimento firmato dal regista, scenografo e costumista Ivan Stefanutti con il ritorno sul podio, non particolarmene atteso, di Beatrice Venezi. A febbraio si proseguirà con il Trittico pucciniano formato da Tabarro, Suor Angelica e Gianni Schicchi nel nuovo, allestimento del Teatro Comunale di Bologna nell’ambito di una sinergia tra le due Fondazioni che proseguirà già quest’anno a giugno con il Candide di Bernstein. Alla regia Pier Francesco Maestrini. Marzo celebrerà il ritorno a Trieste di Wagner: Die Fliegende Holländer con la nuova regia di Henning Brockhaus. ll cast riunisce quattro cantanti wagneriani di esperienza con il ritorno al Verdi di Albert Dolmen nel ruolo di Daland. Ad aprile Lucia di Lammermoor di Donizetti continuerà il percorso sull’illustre musicista bergamasco. Nel ruolo del titolo una specialista del Belcanto, Jessica Pratt al suo debutto a Trieste. Ancora Oren a maggio per il Rigoletto e a giugno chiusura con il Candide di Leonard Bernstein, con il debutto alla regia d’opera di Renato Zanella. Sul podio l’affermato direttore Kevin Rhodes.
Il Direttore Artistico Paolo Rodda commenta: “Sono molto soddisfatto di questa stagione che ho disegnato pensando di dover avvicinarmi alle tante e diverse anime che hanno abitato in passato e abitano oggi il nostro teatro: dal pubblico più tradizionalista, che troverà gli amatissimi Verdi e Puccini, la bacchetta di Oren e allestimenti di grande e immediata godibilità; ma anche i giovani che vogliono nuovi stimoli per avvicinarsi all’opera; i grandi appassionati che girano per l’Europa sempre alla ricerca di proposte intriganti, senza dimenticare il pubblico d’oltre confine che frequenta il nostro teatro con grande assiduità e ha il diritto di sentirsi anche qui a casa. Senza dimenticare, anzi rinverdendo, la grande storia di questa istituzione che, ricordo bene, su certi repertori, come la contemporaneità o l’opera tedesca, è stata e deve tornare un punto di riferimento”. Sottolinea il Sovrintendente Giuliano Polo: “Dopo aver incrementato il numero di titoli, era giunto il momento di riportare alla centralità della nostra narrazione anche l’eccellenza dei nostri laboratori artigianali; quindi, di potenziare le nostre produzioni originali e quest’anno, complice anche la sinergia col Comunale di Bologna, direi che siamo giunti a regime con ben sei produzioni lavorate nella nostra città. Un traguardo importante perché i laboratori teatrali raccontano a tutti gli effetti l’eccellenza della nostra manifattura, delle mani della nostra gente, un modo diverso ma efficace per ricordare la grande qualità creativa del Made in Italy ai tanti ospiti stranieri che frequentano il teatro e al contempo ricordare alle forze produttive che anche il teatro è a tutti gli effetti un’industria efficiente e in continuo rinnovamento di sé stessa. Aggiungo anche con piacere che si moltiplicano le sinergie in città, penso ad esempio al potenziamento dei rapporti con l’Università o alle collaborazioni con le associazioni di lingua e cultura tedesca, ma anche fuori, come appunto questa bella, nuova collaborazione con Bologna. Insomma, il teatro mostra un rinnovato dinamismo, che non potrà che portare buoni frutti al territorio verso il quale ci sentiamo sempre più a servizio per un’armonica crescita collettiva in questo momento fortunato per Trieste” Quanto allo spettacolo conclusivo della stagione 2023/2024 abbinava la seconda esecuzione assoluta de La porta divisoria su testo (non memorabile) di Giorgio Strehler, a lungo dimenticato benché commissionato da Victor de Sabata per la Scala e tratto da La Metamorfosi di Kafka, con Il Castello del Duca Barbablù di Bartok nella nuova produzione di Henning Brockhaus, regista cresciuto alla scuola di Strehler.
La serata non induceva all’entusiasmo nella prima parte, un’ora di musica in cui Fiorenzo Carpi ci riportava nel clima dei radiodrammi anni Cinquanta, quando al recitare delle voci si alternavano sonorità orchestrali rarefatte e non sempre tonali. Lo spettacolo che proveniva dallo Sperimentale di Spoleto non aiutava molto alla comprensione del testo, ma aveva il merito di vedere completata, con maggiore effetto rispetto all’originale di Carpi, la musica di scena da Alessandro Solbiati. Tutt’altro clima in Bartok, naturalmente, grazie alla concertazione di Marco Angius, che restituiva con nitore e brillantezza le meraviglie coloristiche di una delle partiture chiave del Novecento europeo, ben corrisposto dall’Orchestra stabile del Teatro Verdi e dai due protagonisti, l’intensa e sorprendente Isabel De Paoli e il vigoroso Andrea Silvestrelli, che si sono sobbarcati l’onere di eseguire l’opera nell’originale testo ungherese. Lo spettacolo, viceversa, cupo e soffocante non corrispondeva ai colori che rivelava l’orchestra e risultava, alla fine, ripetitivo e statico, nonostante gli interventi coreografici di Valentina Escobar. Si è chiusa così all’insegna di una continua ricerca delle proprie radici culturali e della propria funzione storica nel bacino danubiano la stagione d’opera e balletto del Teatro Verdi di Trieste. Le motivazioni erano alte, il risultato non resterà negli annali della storia del Verdi. di Rino Alessi 25/06/2024 Info: www.teatroverdi-trieste.com Foto: Fabio Parenzan bellaunavitaallopera.blogspot.com

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