MOZART AL TEATRO VERDI DI TRIESTE PER INIZIARE L'ANNO MUSICALE: TORNA IL RATTO DAL SERRAGLIO IN EDIZIONE BILINGUE, SUL PODIO BEATRICE VENEZI. GRADEVOLE LO SPETTACOLO DI IVAN STEFANUTTI
Die Entführung aus dem Serail K 384 ossia, nella traduzione italiana, Il ratto dal serraglio, è un Singspiel in tre atti musicato da Wolfgang Amadeus Mozart su libretto di Gottlieb Stephanie il giovane. Il lavoro tenuto a battesimo a Vienna nel 1782, rappresenta un momento fondamentale non solo per il teatro musicale tout cuort, ma soprattutto nell'evoluzione compositiva del musicista salisburghese. E, infatti, la prima opera teatrale mozartiana veramente matura, in cui la partitura e l'azione drammaturgica sono in perfetto accordo; con la sua arte l'autore è riuscito a coniugare momenti di comicità con situazioni sentimentali e drammatiche al centro della vicenda, il tutto arricchito da aspetti di commedia che riflettono la "turcheria" di moda all'epoca.
In una stagione come quella in corso al Teatro Verdi di Trieste votata alla riproposizione di titoli di grande repertorio, l’appuntamento mozartiano d’inizio anno aveva la funzione di rappresentare la rarità. Questa, del resto, era la quarta edizione de Il ratto dal serraglio sul palcoscenico triestino. Il pubblico non ha disertato l’appuntamento, e questa è già una buona notizia.
Quanto allo spettacolo, un nuovo allestimento del Teatro Verdi interamente firmato da Ivan Stefanutti per regia, scene e costumi, con la collaborazione di Emanuele Agliati per il disegno luci, dava all’assieme una scorrevolezza favolistica che non approfondiva troppo i vari aspetti del testo, puntando sulla gradevolezza dei colori e sul fascino del mare vero protagonista del racconto d’ambientazione esotica.
Limite dell’esecuzione era l’alternanza linguistica fra l’originale tedesco dei brani cantati e l’italiano dei brani recitati da una compagnia di artisti per lo più stranieri. Pratica oggi in uso abbastanza frequente che alle ragioni della filologia, preferisce quelle della maggiore fruibilità del testo ma, a nostro modo di vedere, discutibile.
Detto questo, la parte musicale governata da una Beatrice Venezi che ha scelto una sobrietà, d’abbigliamento e di gesto, che non le conoscevamo, si è rivelata buona nella gestione del rapporto fra palcoscenico e orchestra con uno spiccato senso del ritmo narrativo, a scapito di nuances ed espressività più sottili.
Quanto alla compagnia di canto, ha rivelato una coppia protagonista, formata da Ruzil Gatin (Belmonte) e dall’eccellente Anna Aglatova (Konstanze), perfettamente in grado di restituire i rispettivi personaggi, interpretati con grande competenza e, nel caso del soprano, con non comuni capacità virtuosistiche. Meno centrata la seconda coppia, quella comica dei servitori, affidata a Maria Sardaryan una Blonde poco soubrette e molto primadonna, e a un Marcello Nardis (Pedrillo) che stranamente abbiamo trovato meno convinto del suo personaggio. La parte recitata del Bassa Selim era affidata a un attore bravo, ma meno maturo di quel che il personaggio richiede: Giulio Cancelli. Andrea Silvestrelli, dal canto suo, ha caratterizzato in modo fin troppo neutro il ruolo comico di Osmin.
Orchestra e coro stabili del Teatro Verdi, quest’ultimo preparato da Paolo Longo, hanno dato un valido contributo al felice esito dello spettacolo che è stato molto applaudito la sera della prima che, sfidando la sorte, era programmata di venerdì diciassette.
17 gennaio
di Rino Alessi. Foto: Fabio Parenzan
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