I PESCATORI DI PERLE AL VERDI DI TRIESTE


         La compagnia de "I Pescatori di perle" agli applausi finali
nella foto di Fabio Parenzan
                                                      Teatro Verdi Trieste

I pescatori di perle è un titolo abbastanza desueto, tanto che il Teatro Verdi di Trieste lo ha riproposto nell’allesitmento di Fabio Sparvoli (regia ripresa da Carlo Antonio De Lucia), Giorgio Ricchelli (scene), Alessandra Torella (costumi) già visto sia a Trieste che in altri teatri italiani oltre che a Dubai in occasione dell’inaugurazione di quel Teatro d’opera. 

Sul fronte musicale le cose vanno moderatamente bene.
Per la parte di Nadir la tradizione esige un tenore lirico di carattere leggero e il più che promettente Jésus Leon, molto applaudito al termine della famosa romanza del primo atto "Je crois entendre encore" appartiene sicuramente a questa categoria. Non solo, timbricamente la voce è ragguardevole e il gioco dei chiaroscuri affrontato con appropriatezza. Eppure drammaticamente Nadir non è un damerino, come ci ricorda René Leibowitz nella sua "Storia dell'opera", ma un cacciatore di belve, un "eroe della foresta" abituato a vivere fra mille pericoli. La sua parte inoltre comprende una quantità di brani e di passi (in particolare il duetto con Zurga del primo atto con il motivo ricorrente della "deésse") che richiedono una grande potenza e robustezza di mezzi vocali che all’artista messicano fanno ancora difetto. Ciò non toglie che, complessivamente, la sua sia stata una prova se non memorabile sufficiente.
Nel ruolo di Zurga Domenico Balzani cresce nel corso dell'opera e ha il suo momento migliore nel grande recitativo e aria del terzo atto "L'orage s'est calmé" di ascendenza quasi verdiana in cui il baritono sardo può dispiegare una ragguardevole vocalità drammatica. Il suo francese è però molto sommario e l’interprete un po’ a senso unico in cerca dell’effetto drammatico. 
Quanto alla Leïla di Mihaela Marcu, delude e non poco.
Il quarto personaggio in scena, Nourabad, non ha che pochi interventi, ma Gianluca Breda li risolve abbastanza bene.

                                               
A sovrintendere al tutto era, dal podio, Oleg Caetani, un maestro di comprovata esperienza, ma qui orientato più a produrre grandi sonorità in orchestra (e tempi lentissimi) che a realizzare con il palcoscenico un corretto equilibrio fonico. Questo ha danneggiato non solo tutti i solisti ma, soprattutto, il coro che era preparato come sempre da Francesca Toso Il pubblico ha comunque festeggiato il ritorno dell’opera di Bizet.

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