Riflessione di Giovanni Boer, Parroco di Santa Eufemia e Santa Tecla a Grignano - XXV Domenica Tempo Ordinario Anno B - Mc 9,30-37

Partiti di là, attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse. Insegnava infatti ai suoi discepoli e diceva loro: “Il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà”. Essi però non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo. Giunsero a Cafàrnao. Quando fu in casa, chiese loro: “Di che cosa stavate discutendo per la strada?”. Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande. Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: “Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti”. E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: 37“Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato”. Per dire certe ‘cose’ ci vuole riservatezza. Non si possono ascoltare certe ‘cose’ e nemmeno dirle se c’è confusione, un continuo via vai, un continuo chiedere “fammi questo, fammi quello”. E Gesù era uno al quale chiedevano in continuazione tutto tutti.
Per certe ‘cose’ ci vuole riservatezza. In particolare, per continuare a spiegare che il destino umano di Gesù si deve concludere con una morte crudelissima, per poi avere la risurrezione. E se la morte per uccisione tutti sapevano cos’era e faceva inorridire, la risurrezione era ancora davvero poco chiara. Gesù, dunque, mentre “torna alla base” vuole concentrare i Suoi su questo Suo destino preciso, e nemmeno più tanto lontano. E sceglie tra gli itinerari quelli più “isolati”, quelli dove può dire e ridire ‘cose’ così inquietanti, drammatiche, e precise. Non ci dimentichiamo che Pietro e gli altri con lui hanno ancora nelle orecchie il rimbombo della frase secca e dura: “vattene dietro di me, e non farmi da intralcio: tu pensi secondo gli uomini, non secondo Dio!”. Non capiscono; hanno paura di farGli domande. E, nel frattempo, cammin facendo, anche loro parlano tra loro di una cosa, sperando che Gesù non se ne accorga. E forse l’argomento era dato dal fatto della morte di Gesù: se Gesù muore, chi prenderà il Suo posto, chi sarà il capo? Chi è il più importante tra di noi? Forse il motivo del loro discutere era questo.
Arrivano a casa. E Gesù li interroga. ... E i paradossi non smettono mai: prima Lui, Gesù, deve essere ucciso, poi adesso “il più grande dev’essere l’ultimo”. La faccenda più interessante, o una tra quelle interessanti, è che Gesù non dice “chi è il più grande” (per esempio, disse che Giovanni Battista era l’uomo più grande nato da donna, ma che questo non valeva di fronte al fatto di far parte del Regno di Dio), ma “chi vuol essere il più grande”. Non notate una differenza? In effetti, a 1 Gesù non interessa chi è il più grande, poiché dinanzi a Dio non c’è nessun uomo o donna più grande dell’altro. A Gesù interessa un’altra situazione. I Suoi intimi, i Suoi apostoli dovranno guidare la Chiesa, cioè essere in primo piano ... Come si può stare in primo piano nella faccende di Dio, di Gesù? Solo se hai in mente di servire gli altri secondo quello che Gesù pensa. Non di servirli comunque, per assecondarli in tutto, o per non avere problemi con loro. Ma servirli “in una certa maniera”, se no nel Regno dei Cieli non ci si entra: e così si perde tutto.
“Vuoi essere il più grande, il più importante? Vuoi davvero questo? Chièditi se sei capace di fare come me – dice Gesù –. Io son venuto per servire. Studiatemi bene, e ve ne renderete conto”. È ovvio a tutti loro che Gesù comanda, impone, dà direttive, non accetta che un altro Gli tracci la strada migliore per non avere guai, o per avere solo trionfi. Ma tutto questo Suo modo di fare, in verità, è un servizio, perché sa di che cosa l’uomo ha veramente bisogno. E ogni uomo è come quel bambino che Gesù prende tra le braccia e se lo coccola. E ogni uomo va servito così ... Se, come quel bambino ha fatto con Gesù, si fa accogliere e stringere tra le braccia. Se no ... si può solo pregare: come fece Gesù, che affidò al Padre i suoi torturatori e uccisori, e gli stessi capi del popolo che orchestrarono la Sua uccisione. Non qualsiasi servizio, quindi, no. Ma, certo, un servizio: non un posto di “lustro” per essere ammirati e osannati. Non si tratta di essere dei “vip”. Se uno vuol essere il più grande, deve vedere quanto sa servire. Ma se si sente in verità solo superiore, perché “lui sa tutto” e gli altri sono poveri idioti, e sono bravi solo quando gli danno ragione, è meglio che si allontani per un po’ di tempo e cerchi di convertirsi un pochetto. Non credete?
Aggiungo per voi. Quando ci imbattiamo in un fatto del Vangelo in cui Gesù è “in contrasto” con i Suoi più intimi o non viene compreso proprio da loro, buona regola è chiedersi prima di tutto se noi, al loro posto, avremmo fatto molto di meglio. Un po’ di sereno realismo ci fa sempre bene, perché così partiamo dalla parte giusta per cercare di capire quel che è successo e che viene narrato, e possiamo così rapportarci in modo più conveniente sia con Gesù che con gli altri “protagonisti” del fatto. Impauriti per come Gesù ha sgridato Pietro, impauriti perché ha parlato della morte, e di una morte non certo ‘tranquilla’, con i loro temperamenti ancora non così “educati” dallo Spirito Santo ... per gli Apostoli non era poi così strano chiedersi chi tra di loro fosse il “più primo” degli altri. Non trovate che noi avremmo fatto magari lo stesso, oppure avremmo sperato che gli altri ci dicessero “il primo sei tu!”? Qualcuno magari dirà di no, tuttavia ... Dobbiamo tenere in conto che spesso vogliamo primeggiare senza nemmeno esserne consapevoli, o spesso primeggiamo perché gli altri ci lasciano farlo e non si oppongono, e magari mangiano amaro senza dircelo. Gesù, lo sappiamo dai Vangeli, si è lamentato con i Suoi diverse volte perché “ancora non riuscivano a capire ‘certe cose’”; e più di una volta li richiamò sul fatto del primeggiare.
E purtroppo sappiamo dagli Atti degli Apostoli e dalle lettere degli Apostoli che questo problema fu sentito spesso nella Chiesa, anche mentre erano in vita gli Apostoli stessi. Vedete, il problema non è la tendenza a primeggiare, o il desiderio di essere primi. Il problema è il fatto di non cambiare, di non accorgersi di questo grave difetto e di contrastarlo dentro di noi. Se c’è sincerità, ‘sincerità vera’ dinanzi a Dio nella preghiera, e non una superbia sottile paludata di mitezza o di chieder continuamente scusa senza mai cambiar sul serio, ... se c’è ‘sincerità vera’ nella preghiera il Signore ci fa accorgere se abbiamo questo difetto (così come anche se ne abbiamo altri pericolosi per una vita di comunità e per lo svolgimento delle varie attività parrocchiali e per la vita in famiglia). Non ci deve spaventare il difetto, ma il non far nulla per smascherarlo e contenerlo. Gesù non ebbe mai paura dei difetti, ma mise in guardia severamente dal non far nulla per toglierli. Il bambino preso in braccio da Gesù ... Devo aver già scritto su questo, anche se non mi ricordo quando, e comunque diverse volte ne ho parlato. Lasciamo da parte il fatto che il bambino spesso è capriccioso ed è tutto concentrato sulle sue cose, sul suo mondo. E può anche essere cattivello. Non è su questo che Gesù pone l’attenzione in questo caso, e quindi non dobbiamo metterla nemmeno noi. Il bambino come bambino è comunque totalmente dipendente dall’adulto. Questo è il punto. Non può diventare adulto, che è la sua mèta, se non ha vicino adulti attenti, capaci e buoni. Che lo amano bene, profondamente, senza viziarlo.
Quindi, il bambino va accolto. Deve diventare, senza essere viziato, il padrone dei servi, cioè colui che riceve le attenzioni e le cure di chi “è già arrivato” dove lui dovrà arrivare. E così, chi accoglie un bambino come lo ha accolto Gesù è sì più grande del bambino, è uno anche che comanda al bambino, ma perché lo deve servire per ciò che conta di più: il suo diventare un bravo adulto. Don Bosco direbbe: deve diventare “un buon cristiano e un onesto cittadino”. E, se deve comandare sul bambino, lo comanda solo per questo: non per sfizio, o capriccio. Gesù e gli Apostoli: nei Vangeli, in modo diretto o indiretto, troviamo che Gesù si prende cura degli Apostoli, dei discepoli più intimi, della loro formazione. E non si può formare qualcuno fino in fondo se ogni tanto – soprattutto quando si devono dire “le cose più profonde” e più rivoluzionarie, e più traumatizzanti – ... se ogni tanto non si sta da soli senza essere disturbati da altri. E Gesù mostra questa Sua attenzione. Chiedo a me e a voi tutti: secondo voi, noi cerchiamo questi momenti con chi ci potrebbe aiutare, una volta che abbiamo individuato chi potrebbe aiutarci? E, prima ancora di una persona che ci può fare da buon allenatore, abbiamo l’esigenza di stare comunque un po’ ritirati con Nostro Signore Gesù, per pregarlo senza avere alcunché da chiedrGli, ma solo per stare con Lui?
Sapete, i sacerdoti devono chiedersi se hanno voglia di formare quei laici che gli “stanno sempre tra i piedi”, e devono chiedersi se hanno voglia di formarli non a loro immagine e somiglianza perché siano come dei burattini nelle loro proprie mani, ma formarli perché siano validi collaboratori, e perché conoscano sempre meglio i misteri di Dio. Ai laici chiederei se sentono questa esigenza, e che tipo di formazione vogliono, e se – oltre a voler trattare le cose di ogni girono – che sono quelle dove si gioca la santità spicciola, se oltre a ciò vogliono penetrare un po’ nei misteri di Cristo. Senza questa penetrazione, si rischia di non avere il senso della bellezza di Dio e della propria persona; si rischia di avere la mente sempre presa dalle cose che passano e che ci affannano, che ci distraggono perché sono belle, ma siccome non le orientiamo a Dio ci rendono schiavi di esse. Dunque: Gesù ha cura per i Suoi. E noi?
Del resto, a meno che non avessimo problemi psicologici importanti, se ci noi dedicassimo alla contemplazione gratuita di Dio, a una preghiera semplice per conoscerLo meglio, scopriremmo con sicurezza i nostri difetti e se, invece di essere strumenti di comunione, siamo strumenti di confusione e di disagio. Perché, se la nostra contemplazione di Gesù e delle Sue cose è sincera, Lui non ci lascia vagare troppo tranquilli nei nostri grossolani difetti senza farceli conoscere e senza metterci dentro la voglia di “farli stare a cuccia”. Maria Santissima – Lei che potrebbe dire a chiunque “Io sono la Prima, e ‘più meglio di me’ non ce n’è”, a Lei ci affidiamo perché ci faccia scoprire i difetti e ci dia il coraggio di ‘addomesticarli’.

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