UNA FELICISSIMA NUOVA ATTESA PER MARCO PODDA ALLA PICCOLA FENICE
Marco Podda, triestino, classe 1963, è uomo dai molti talenti. E’ medico otorinolaringoiatra, musicista, ma come bene ha scritto Quirino Principe paragonandolo inopinatamente a un maestro morto sul podio, è un caso a sé per l’equilibrio tra le due posizioni professionali il cui centro è il suono e, in particolare il suono della voce umana. Alla voce, parlata ma soprattutto cantata, Podda ha dedicato tutte le sue energie che sono notevoli fondando venticinque anni fa un gruppo corale, la Cappella Tergestina che operava inizialmente presso Nôtre Dame de Sion.
I progetti che ha realizzato negli anni sono molteplici, tutti di elevata qualità anche se non sempre portati a termine. La musica sacra è il campo d’azione principale di Podda che, rifuggendo da ogni classificazione, si è spinto verso il teatro. Qohelet, l’oratorio drammatico su testo del sottoscritto tratto dalla Bibbia ebraica, rappresentato con successo nella Basilica di Aquileia, nella Sinagoga di Trieste e nella Basilica di Santa Maria delle Grazie di Udine e più volte diffuso da Telequattro l’ha fatto uscire dal mondo del sacro per dedicarsi a quello profano del teatro, con oltre settantatré spettacoli di prosa di cui ha scritto le musiche di scena. Nel settembre 2015 ha presentato al Teatro Verdi di Trieste la rapsodia lirico sinfonica Il Canto per soli, coro e orchestra tratto dallo Shir Ha-Shirim ossia il Cantico dei cantici. Lo stesso Teatro Verdi gli ha commissionato per la stagione 2018/2019 un’opera in un atto.
Expectare Nova che Marco Podda ha presentato nella bella sala neoclassica della Piccola Fenice di via San Francesco da poco riportata all’antico splendore e per l’occasione affollatissima, è una sorta di laboratorio per l’opera in preparazione. Ovvero la nuova attesa cui si riferisce Podda è sì quella di un repertorio oratoriale inedito, ma – come per Qohelet – è un repertorio oratoriale che si colora di dinamismo e teatralità.
Il musicista Podda svolge, con inesauribile accanimento, anche attività di ricerca e ci fa scoprire lo Zweites Requiem del lipsiense Karl Ludwig Drobisch, vissuto brevemente tra il 1803 e il 1854 in Germania e dedito all’approfondimento delle tematiche sull’altezza dei suoni oltre che Kapellmaister presso la Chiesa evangelica di Lipsia. Un Requiem che colpisce per forza espressiva e sintesi e che è stato idealmente dedicato a Massimo Carrano, corista della Cappella Tergestina, da sempre impegnato anche nel sociale e scomparso prematuramente nel 2005. Sensibile nei confronti delle persone in difficoltà, profondamente credente, Massimo Carrano ha testimoniato fino alla conclusione della sua vita queste peculiarità, donando i propri organi come ultimo gesto di solidarietà umana.
In questo spirito è nata l’iniziativa benefica intitolata alla sua memoria, giunta all’ottava edizione, il Memorial Carrano per l’appunto, cui si riferiscono queste note, che quest’anno associava alla Cappella Tergestina la Comunità di Sant’Egidio FVG. Chi ha assistito al concerto potrà contribuire al progetto dei Corridoi Umanitari promosso dalla Comunità insieme alla Chiesa Valdese e alla FCEI per consentire ai profughi che fuggono dalla guerra viaggi sicuri. La nuova attesa, però, non si limitava al ricordo. E presentava, di Marco Podda, la suite sinfonica con coro obbligato Ionas. Se per Drobisch si trattava di una prima esecuzione in tempi moderni, qui ci trovavamo al battesimo di una nuova creazione. Ionas ossia Giona è il profeta biblico che prefigura la risurrezione di Gesù, poiché come lui dopo tre giorni tornò alla vita venendo sputato dal pesce che l'aveva inghiottito. Ciò è detto esplicitamente nel Vangelo secondo Matteo (12, 38-40): “nessun segno le sarà dato [a questa generazione], se non il segno di Giona profeta. Come, infatti, Giona rimase tre giorni e tre notti nel ventre del pesce, così il Figlio dell'uomo resterà tre giorni e tre notti nel cuore della terra”. Il personaggio di Giona svolge quindi la funzione di raccordo fra Antico e Nuovo Testamento anche iconograficamente: non solo è l'immagine michelangiolesca della volta sistina più vicina a quella di Cristo, ma la sua torsione corporea, il busto piegato all'indietro, e lo sguardo rivolto a Gesù glorioso, indica il ruolo di precursore di Cristo, del Cristianesimo e del cristocentrismo alle figure presenti sulla volta.
Gli otto numeri di Ionas hanno tutti un incedere inizialmente lento, tranne il settimo “Qui custodiunt vanitates” più mosso e dialogico tra le varie sezioni orchestrali. La sostanziale consonanza è messa in dubbio da qualche intervento dissonante degli strumenti a fiato sul “cantus firmus” del coro. Gli altri numeri sono più classici e a un inizio per solo strumentale espressivo di oboe, flauto o corno seguono gli ingressi dialogici di orchestra e coro per raggiungere un cinematografico pieno sonoro finale. L’effetto è assicurato, e così pure l’emozione che Podda sa così bene amministrare.
Meno bene amministra la tessitura della voce di tenore solo, il valido Federico Paccorini, spinto nel terzo episodio “Ego dixi abiectus sum” ad altezze così elevate che diventa un problema per l’artista articolare la parola, il che è un peccato. Nel concerto della Piccola Fenice Marco Podda ha coinvolto oltre alla “sua” Cappella Tergestina alcuni giovani coristi del “Coro Giovanile InCanto” e l’ottima Orchestra Giovanile San Giusto di recente formazione. Il concerto, realizzato con il sostegno dell’USCI FVG e della Banca di Credito Cooperativo di Staranzano e Villesse, ha ottenuto un vivo successo. Attendiamo la registrazione.
di Rino Alessi
28/06/2017
bellaunavitaallopera.blogspot.com
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