DALL'ARCHIVIO DI REPUBBLICA 1986: IL SUCCESSO, CHE BELLA MALATTIA. INTERVISTA A IVO POGORELICH

ROMA - All' epoca dei suoi primi successi, cinque anni fa poco più poco meno, era il pianista in jeans. Oggi Ivo Pogorelich è il pianista in frac.
In frac, infatti, compare sui dèpliants che la Deutsche Grammophon espone nelle sale da concerto che lo vedono, di volta in volta, impegnato. In questi giorni, Pogorelich è a Roma, ospite dell' Accademia di Santa Cecilia per eseguire le "Variazioni sinfoniche" di Cesar Franck e il terzo concerto di Prokofiev. Arriva dalla Germania dove il suo ultimo disco, il primo concerto per pianoforte e orchestra di Ciaikovski inciso nel giugno dello scorso anno con Claudio Abbado e la London Symphony, sta battendo, nel settore dei dischi classici, le vendite di altri illustri esecutori, da Horowitz a Karajan. Dalla Germania, dove si è ripresentato dopo un numero elevatissimo di anni, arriva anche una polemica dichiarazione del grande Horowitz: i giovani pianisti, dice il maestro Horowitz, più che alla propria preparazione tecnica tengono alla propria immagine esteriore. Cosa ne pensa, Ivo Pogorelich? "Niente. Non appartengo a categorie. Ed anche Horowitz non appartiene a categorie. Non importa quello che fa o dice nella sua vita, importa quello che dimostra quando suona. Su una cosa posso essere d' accordo con Horowitz: i musicisti, e parlo in generale, non sono persone interessanti".
Ma non le pare, Pogorelich, che in una società come la nostra in cui più che la sostanza conta l' immagine quello che dice Horowitz è un po' vero? "No. Certo l' immagine è una carta d' identità importante, serve per farsi riconoscere, ma è sempre esistita. Anzi, nel passato, il musicista era più individuo. Le sue abitudini diventavano una leggenda, uno stile, pensi a Listz che prima di suonare si toglieva i guanti...". Si è messo a dieta, racconta, perchè è ingrassato di qualche chilo e lo vuole smaltire in fretta, a Roma si farà fotografare indossando abiti firmati Armani. Più che di immagine a Pogorelich piace parlare della commercializzazione nella musica: "oggi è importante. Ma ha radici molto lontane. In fondo già Dvorak fece commercio della propria musica andando negli Stati Uniti". O del successo: "il successo è come una malattia che però a me ha portato amici. Potrei parlare due ore filate dei problemi che mi ha portato oltre che degli amici..." Essere un uomo di successo è faticoso, certo, specie se si hanno solo ventotto anni di cui una buona parte spesi a costruirsi una tecnica che gli esperti giudicano sbalorditiva. Pogorelich, jugoslavo di nascita, ha sposato la sua insegnante Aliza Kezeradze nel 1980, l' anno della mancata vittoria al Concorso Chopin di Varsavia; il suo dissero era un modo di suonare troppo particolare: "mi dispiace di dover dimostrare sempre e comunque che il modo in cui suono è reale, ha bellezza, integrità e tutto il resto. Questo fatto mi prende tutte le energie che devo sottrarre allo studio. Quello di Varsavia fu uno scandalo politico. Avevo vinto a Montreal in luglio, era impensabile, politicamente, che in ottobre lo stesso pianista, della stessa nazionalità, potesse vincere un altro concorso internazionale".
Dal 1980 in poi, in ogni caso, Pogorelich ha avuto esperienze molto più piacevoli di una mancata vittoria al concorso Chopin. Si è trasferito con la famiglia - oltre alla moglie il figlio quindicenne di lei - a Londra. A Dubrovnik, in Jugoslavia, trascorre le vacanze. "Sono grato e critico nei confronti del mio paese. Ogni nuovo successo crea un' atmosfera dove tutto ciò che riguarda la musica ha importanza in una società che è soprattutto agricola e commerciale. Ho portato la musica classica anche in televisione, nel mio paese, ho creato a Zagabria una formazione per giovani musicisti, sono stato felice quando ho ricevuto un premio dalla città di Zagabria, sono felice di destinare parte dei miei guadagni alle Biblioteche pubbliche del mio paese. Ho una casa a Dubrovnik, non ci sto quanto effettivamente vorrei...". In questi anni di carriera Pogorelich ha fatto in tempo a litigare clamorosamente con Herbert Von Karajan: dovevano incidere assieme il primo concerto di Ciaikovski con la Filarmonica di Vienna, ma l' incontro fu burrascoso. Karajan chiese che alcuni passaggi, nel primo movimento, fossero suonati come se il pianoforte fosse una balalaika russa. Pogorelich non capì, o non volle capire.
Karajan concluse allora che era impossibile suonare con lui. "La cosa ha avuto ripercussioni sul mio programma di registrazioni" dice. Ma non troppo, pare di capire, perchè quel concerto è ora inciso con Claudio Abbado "un maestro molto più sensibile". Il futuro, Pogorelich se lo augura meno zeppo di concerti, di Tournèes da un paese all' altro e più concentrato sull' incisione combinata di dischi e video musicali. Meno viaggi e più tempo dedicato alla cultura. In Italia sarà di nuovo in autunno, al San Carlo di Napoli, e l' anno venturo, a Milano, Torino e a Roma ospite di quello stesso concorso Casagrande che, Pogorelich era ancora sconosciuto, lo laureò vincitore nel 1978. Nelle foto tre ritratti di Ivo Pogorelich oggi e all'epoca dell'intervista che si svolse a Roma in via Veneto in un locale in cui ci trovammo con l'allora pianista star della Deutsche Grammophon. Pogorelich era accompagnato da Giuliana Valci che si occupava della sua promozione. Nella foto a destra la copertina del disco che Pogorelich promuoveva in quell'occasione inciso sotto la direzione di Claudio Abbado di RINO ALESSI La Repubblica 18 maggio 1986

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