MA QUANTI TUFFI IN PISCINA PER LA PIETRA DEL PARAGONE SECONDO PIZZI

Scritta in gran fretta da un Rossini ventenne per la Scala, all'epoca il massimo teatro italiano dopo il San Carlo di Napoli, La Pietra del paragone (Milano, 1812) si avvale di un libretto piuttosto gustoso ma non originalissimo di Luigi Romanelli e, in due atti, rappresenta - con il lieto fine che compete a ogni melodramma giocoso - un mondo dedito all'”otium” vacanziero nella villa nei dintorni di Viterbo del protagonista, il conte Asdrubale, basso.
Assediato da amici, disinteressati e no, e da belle vedove che aspirano a sposarlo, il conte, celibe per caso più che per convinzione, esita a rivelare i suoi veri sentimenti alla marchesa Clarice, mezzosoprano, che lo ricambia, ma è corteggiata dal cavalier Giocondo, tenore e poeta. Una volta detto che i due personaggi degli amorosi, che per arrivare al sospirato matrimonio dovranno entrambi usare lo stratagemma del travestimento, furono scritti per due celebrità di casa alla Scala, Galli e la Marcolini, La pietra del paragone offre a Rossini di sbalzare, con grande efficacia, i ritratti che, all'epoca Stendhal apprezzò molto, del giornalista da strapazzo Macrobio e del poeta ignorante Pacuvio cui destina il brano forse più famoso dell'opera, quell'”Ombretta sdegnosa del Missipipi” che contagiò gli spettatori e fu citata da Antonio Fogazzaro nel suo Piccolo mondo antico.
Nello spettacolo già visto a Pesaro nel 2002 e ora riallestito da Pier Luigi Pizzi autore di regia, scene e costumi, e Vincenzo Raponi responsabile del disegno luci la villa di Asdrubale e i suoi dintorni è più che sospesa nel tempo e nello spazio, la dimora di un nuovo ricco negli anni del boom economico o giù di lì. La regia non fa molto se non utilizzare soprattutto nella prima parte la piscina della villa dando modo all’Asdrubale palestratissimo di Gianluca Margheri e al Pacuvio di Paolo Bordogna, molto meno palestrato, di sfoggiare un fisico tonico e prestante, il secondo in coppia con la Donna Fulvia oca di Marina Monzò.
Il risultato è alterno. Ovvero, l’eleganza di Pizzi è ben nota, e Pesaro se ne avvarrà anche nel Festival appena annunciato per un nuovo Barbiere di Siviglia, ma al di là di qualche tuffo più o meno riuscito, si sperpera in controscene che - sollevando l'ilarità del pubblico - rappresentano le situazioni surreali descritte nei brani più comici. Un modo, se vogliamo, per riempire inutilmente qualche vuoto d'azione distogliendo la concentrazione di chi ascolta dai veri protagonisti della serata: la musica e il canto.
C'è da dire, a questo proposito, che adottando la revisione critica realizzata da Patricia Brauner e Anders Wiklund per la Fondazione Rossini non è che Daniele Rustioni alla testa dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai possano definirsi dei rossiniani doc. E se le supposte sonorità orchestrali "originali" dell'opera suonano flebili all'orecchio dello spettatore di oggi, va detto che Rustioni non ha, in Rossini, la capacità di dare dell'opera un visione d'assieme interessante. Tutto scorre con tempi sostenuti e, di tanto in tanto, brillanti, ma senza grandi emozioni. Ed è un bene a quel punto essere distratti da tuffi e spogliarelli. La compagnia, rinnovata rispetto all'edizione del 2002, vince nel gioco di squadra ma è carente nei buffi (il flebile Macrobio di Davide Luciano, il Pacuvio poco caratterizzato del già citato Bordogna) e nelle due illustri rivali di Marina Monzò (Donna Fulvia) e, debolissima, Aurora Faggioli (la baronessa Aspasia). Il tenore Maxim Mironov, il più applaudito della serata cui abbiamo assistito, è viceversa un sospiroso e sapido Giocondo.
E la coppia protagonista è poco interessante sia nella marchesa Clarice di Aya Wakizono, voce di mezzosoprano non fluviale ma artista di gusto troppo severo per il genere brillante e dotata di agilità non sempre ben calibrata, sia nel conte Asdrubale “erotico” del baritono Gianluca Margheri abile oltre che in piscina, nel gestire il travestimento che gli offre l'occasione di utilizzare la pietra del paragone del titolo, ma vocalmente incerto. Completano la locandina William Corrò nel ruolo del confidente Fabrizio, in costume da bagno pure lui e il Coro del Teatro Ventidio Basso preparato da Giovanni Farina. Tutti molto applauditi, al termine della serata, dal folto pubblico del Rof 2017. Info: www.rossinioperafestival.it Foto: Rossini Opera Festival di Rino Alessi 18/08/2017 bellauavitaallopera.blogspot.com

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