Forse ... Riflessioni di Giovanni Boer, Parroco di Sant'Eufemia e Santa Tecla a Grignano nel giorno di Natale

Forse un po’ di vergogna, forse un po’ d’imbarazzo, forse un po’ di qualcosa, comunque – per usare un’espressione cara al Manzoni – forse un non so che di ... qualcosa, appunto: sta di fatto che sia nella Messa della notte di Natale sia in quella del giorno, quando ho proposto di baciare la statua del bambino Gesù sono venuti in pochi. E mi chiedo – e non voglio affatto giudicare! – che cosa ci blocca nel baciare una statua – peraltro bella davvero, un po’ di maniera, ma bella davvero – ... che cosa ci blocca dal baciare una statua del bambino Gesù ... E penso comunque all’importanza dei segni, all’importanza della gente che mi guarda quando li compio, all’importanza di una statua in una Chiesa, in una liturgia (chissà cos’abbiano pensato – per esempio – quando all’inizio delle Messe, mentre il coro cantava Adeste Fideles, io mi sono inginocchiato davanti al presepe; e prima di alzarmi per andare all’altare, mi sono prostrato con la testa a terra). E mi viene intanto una gran voglia di cantare, a piena potenza o con dolce delicatezza, tutti i canti di Natale che conosco ... E siccome ho capito che alcuni di voi mi perdonavano con un sorriso a denti stretti il fatto che non scrivessi più fino all’Epifania, ho pensato di scriver giù qualcosa. Chi mi conosce un po’ lo sa bene: starei ad ascoltare a lungo – forse all’infinito – i canti di Natale. E siccome sono un po’ stancarello, anche se non ho lavorato tantissimo in questi giorni, per riuscire a scrivere qualcosa mi sto drogando con una overdose di questi canti: mentre cerco di scrivere e di indovinare qualche pensiero giusto, ascolto questi canti.
Mica è così facile Aprire i pensieri E la lingua sciogliere A dire il mistero Che vien adagiato Nelle Nostre Mani “Signore, toccami le Labbra, e ama i miei occhi perché Ti conosca ... e possa dire”
Bisogna riconoscere che un po’ il Natale ce lo stanno rubando, lo stanno trasformando in una festa un po’ fiabesca, un po’ mitica, un po’ molto “impicciata” da regali, da grande cena o grande pranzo. E sembra che tutti in qualche maniera soffrano nostalgia di qualcosa. E intanto comunque un po’ ce lo rubano ... Perché alla fine – lasciando stare tutta la famosa faccenda della festa del “sol invictus-solis invicti” (che non c’entra nulla con lo jus soli) – il Natale era festa perché ricordiamo la nascita di Gesù. Ma tant’è, alcuni di noi hanno il potere pian piano di far dimenticare l’origine e di sostituirla con qualcosa che possa lì per lì darci motivo di far festa con un non so che di nostalgia di qualcosa ... Dimenticare l’origine. Farci dimenticare da dove veniamo, e farci dimenticare dove siamo attesi. Perché per noi l’origine è anche il punto di ritorno. Teniamoci stretta l’origine... E per farlo abbiamo solo un’arma, almeno finché non siamo diventati mistici di gran taglio. L’arma: guardare l’origine visibile e il divenire visibile di quel Gesù, che è venuto. L’origine visibile: una donna concepisce, in maniera totalmente straordinaria; quella donna porta in grembo per nove mesi, in maniera totalmente ordinaria; quella donna partorisce in maniera straordinaria; quella donna, cura e nutre quella piccola creatura in maniera totalmente ordinaria: un bambino per un bel po’ si nutre alle mammelle della mamma; e può sopravvivere solo se gli altri sono al suo totale servizio.
Origine visibile, e il divenire visibile: sì, perché ciò che è visibile è la porta per agguantare l’invisibile. Immaginiamo un bambino che nasce senza sapere assolutamente nulla di come è venuto al mondo e da chi è venuto al mondo. Sarebbe un eterno naufrago. Dovrebbe inventarsi ogni giorno una identità che lo convinca un po’ meglio di quella che si era inventato il giorno precedente. Non abbiamo davvero altra arma, noi poveri, per rimanere avvinghiati all’origine invisibile e alla mèta invisibile, se non che quella di stamparci nella mente, nel cuore, direi anche nel corpo!, quell’origine visibile e quel divenire visibile: il rapporto ordinario & stra-ordinario che c’è – e per sempre ormai – tra quella donna e quel Figlio, di cui cantiamo il Natale. In quel duo visibile, abbiamo lo scrigno del nostro segreto. Quel segreto invisibile verso il quale viaggiamo. Lo scrigno, perché Loro due ci contengono, ognuno a modo loro, come un tesoro. ... Insomma, Buon Natale davvero. E a Pasquale chiederei, visto che ancora avanzo il restauro di una statuetta della Madonna, ... chiederei che mi inventi una scultura fine fine e delicata, come quella che ha fatto sulla Verità – màndamene una fotografia, che la giro a tutti! – ... una scultura sul Natale, o meglio sull’intreccio, ormai eterno, di Maria con Gesù, di Gesù con Maria. Ilaria, insisti finché si chiuda in laboratorio e la tiri fuori.
Anzi, se ne tenta più di una, è meglio! Vi benedico. Intanto, sto riascoltando Jesu, meine freude / Jesus, Joy of man’s desiring: ... Bach è sempre Bach ..., così come Michelangelo – Pasquale! – è sempre Michelangelo. Quindi, datti da fare e scolpisci! (Ah, per chi non lo sa, Pasquale è scultore, e davvero squisito). Chiuderei con questo distico, pensando all’intreccio dei Due: Pulchritudo tua Captivitas mea

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