Riflessione di Giovanni Boer, Parroco di Santa Eufemia e Santa Tecla a Grignano - VI Domenica di Pasqua --- Anno B --- Gv 15,9-17

“Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena. Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi. Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri”. Mi soffermo su questa frase: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici”. Sembrerebbe un po’ contradditorio con il discorso della Montagna, quello delle Beatitudini, dove Gesù dice che si devono amare anche i nemici: in verità qui l’oggetto della questione non è mettere in primo piano gli amici e scartare i nemici, ma è un altro. Facevo notare due domeniche fa’ che San Giovanni quando deve riportare in greco le parole di Gesù, che parlava in aramaico, sceglie con cura le parole per parlare della “vita”.
Quando Gesù intende la Vita Eterna, usa sempre una parola (“zoé”), quando intende la vita umana legata al tempo e alla vulnerabilità usa un’altro termine (“psyché”). Anche per il brano del Vangelo di oggi San Giovanni fa notare che Gesù, dicendo che l’amore più grande è quello di chi dà la vita per gli amici, parla della vita umana, della vita che finisce con la morte. Non sembri questo uno sminuire le parole di Gesù. Noi sappiamo che la vita con la “V” maiuscola è quella eterna, per cui potrebbe sembrarci che, alla fine, dare la propria vita umana che finisce non è poi una gran cosa, dal momento che non è la Vita con la “V” maiuscola. La Vita Eterna può darla solo Dio, e nessun uomo. Per cui, per me, per ciascuno di noi, il dono più grande che io posso fare nelle nostre attuali condizioni è quello dare la vita per un amico, o per uno che anche se non è amico lo tratto da amico. E i genitori che mettono al mondo un figlio? Eh sì, fanno un dono meraviglioso, ma va fatto notare che il figlio che riceve il dono immenso, quando viene concepito non riceve un “pezzo” della vita dei genitori: ha una vita sua, ben distinta e separata da quella dei genitori. La sua vita dipende per lungo tempo da quella dei genitori, ma non è la vita dei genitori, che non possono dargliene un pezzo, anche se volessero.
Nel momento in cui un genitore, invece, si trovasse a dare la vita. E quando un genitore desse la vita perché suo figlio continui a vivere, non gli metterebbe dentro la propria vita, ma si sostituirebbe a lui nella morte, permettendo al figlio di continuare a vivere. Farebbe un gesto d’amore ancora più grande di quello di averlo messo al mondo, dando conferma con ciò di tutto quello che ha fatto per educarlo. Se prendiamo alla lettera le parole di Gesù dovremmo dire così. Mettere al mondo un figlio è un gran dono d’amore: un dono che deve continuare fino a che il genitore terminerà la propria vita. E lì, a quel punto, il dono è terminato, umanamente parlando. Ed è arrivato al suo culmine. Dunque, parliamo di “amore più grande”. Ma è più grande, anzi è senza paragoni, dare la Vita Eterna. Allora, potremmo chiederci: chi arriva a dare la propria vita per un altro, non fa il gesto dell’amore più grande se c’è una Vita che vale ancora di più, quella eterna? Saremmo tentati, forse, di ragionare così. Teniamo presente che Gesù sta parlando a uomini nella loro realtà temporale e che rimarranno ancora per un po’ di tempo in questa realtà temporale. E nella realtà temporale non c’è amore più grande di quello di dare la vita per un altro. Gesù, dunque, da un punto di vista umano compie l’atto di amore più grande. Poi, dal momento che è al tempo stesso Dio, compie l’amore immenso di Dio: donare la Vita Eterna. E questa non la dona per noi, ma a noi, o meglio la pone dentro di noi.
Ciò che diviene per noi importante è considerare, una volta di più, che questo dono lo fa attraverso il dono della Sua vita umana. Qui sta tutto lo “snodo” della faccenda. Dunque, il dono “completo” che fa Gesù non ha certo paragoni (chi può dare per me la vita umana e al tempo stesso mettermi dentro quella divina?), ma mostra comunque il valore e la dignità della vita umana. La vita umana temporale di Gesù è stata il tramite per tutti noi della Vita Eterna. Che ne rimane allora della raccomandazione che Gesù ci fa, se ciò che conta – alla fine – è donare e ricevere la Vita eterna? Rimane che chi entra nel “gioco” di vita di Gesù, nello stile Suo, diviene capace di dare la vita per l’amico nel senso che tutti gli uomini, anche quelli che vanno magari rimproverati severamente per i loro peccati gravi e ripetuti, o per la loro disonestà ed egoismo, ... che tutti gli uomini sono coloro per i quali si dev’essere pronti a dare la propria vita terrena, collaborando così con Dio, affinché Lui li raggiunga con il dono della vita eterna.
È una sorta di ‘col-laborazione’. È quello che Lui ci chiede. E non è certo facile, e nemmeno spontaneo. E questa ‘col-laborazione’ possiamo farla perché Dio rimane in noi, cioè abita in noi. E dunque la nostra vita terrena, segnata dalla morte, non ha più un valore limitato, temporale, perché possiamo conquistarci il Paradiso. E, se Dio abita in noi, averlo anche già un po’ di qua. Pace e Bene. Carissime e carissimi, non intervengo sulla frase di Gesù “perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda”. Che è quella forse che pizzica di più: sulla preghiera sono già intervenuto più volte, e abbiamo notato che, quando Gesù dice che il Padre ci darà qualunque cosa chiediamo, bisogna leggere tutte gli altri passi in cui Gesù ci insegna qualcosa sulla nostra preghiera. E così ci viene un po’ più facile digerire tutte le volte in cui chiediamo qualcosa al Padre e Lui non ce la dà! Vorrei invece raccogliere qualche provocazione su queste parole: amici, comandamento, “non voi avete scelto me ma io ho scelto voi”. Parole che sono realtà. Ripeto a modo mio, e un po’ furbescamente, questa parte del discorso di Gesù: ... 1- Siamo amici di Gesù se facciamo ciò che ci comanda (Gesù è un amico un po’ capriccioso, se ci tiene per amici solo perché Gli obbediamo ! ... ). 2 - Non siamo servi, perché Gesù ci ha messo a parte di tutto quello che il Padre Gli ha confidato (questo ci piace !). 3 - Non l’abbiamo scelto mica noi: qualcuno di quelli che era presente a tavola lì, quella, sera poteva pensare che aveva comunque scelto lui di seguire Gesù. Gesù fa capire che la prima scelta è stata comunque la Sua.
E se anche uno gli avesse chiesto per primo di poterLo seguire, senza che Gesù gli avesse fatto alcuna proposta, Gesù fa capire che ha accettato di essere seguito perché lo ha voluto Lui, Gesù. 4 - Poi, ci comanda di amarci gli uni gli altri. Sì, per i suoi primi discepoli, ormai senza più Giuda che se n’era andato via per tradirLo, poteva essere abbastanza facile amarsi tra di loro e cercare di farlo come l’aveva fatto Gesù. Io, per me, sono meno invogliato a farlo verso chi mi mette sempre i bastoni tra le ruote, o chi cerca sempre di accusarmi e di farmi del male. Tutti conosciamo di queste persone, senza andare tanto lontano. Pensate poi a tutti quelli che ancora oggi sono perseguitati! Se osserviamo con attenzione, al di là del mio modo furbesco di mettere in fila le cose che ho selezionato ... se osserviamo con attenzione, raccogliamo questo dalle parole di Gesù: Gesù ci offre l’amicizia, come primo passo.
Noi – secondo passo – rimaniamo Suoi amici veri solo se gli rispondiamo obbedendo a un Suo comandamento, che non è del tipo di un comando che un superiore dà a un suddito. Ma che è di tipo ... ancora peggiore, per un certo verso, perché è un comando che non mi lascia mai tranquillo. Almeno me. Non so voi. Mi comanda di amare come Lui mi ha amato, come Lui mi ama. Questo comando non l’ho mai finito di eseguire. Mi aspetta ogni giorno, anche di notte se sono ben sveglio. Una faccenda seria, ‘intrigante’, dispettosa, ... è sempre lì che mi dice. “... ah ! Come stai amando?”. Se mi avesse dato un altro comandamento, di quelli che magari devi anche ripetere ogni tanto, ma poi sei libero una volta che lo hai eseguito ...
Se mi avesse dato questo tipo di comandamento, mi avrebbe trattato come ci trattiamo tra di noi normalmente. Anche con piccoli ricatti. E ci avrebbe fatto pensare che avevamo degli spazi nella nostra vita per fare quello che volevamo, e che Lui possiamo anche metterlo da parte ogni tanto. Invece, mi ha dato quest’altro comando, poiché mi ha voluto Suo amico (che vuol anche dire Suo confidente!): quello di amare come Lui ama ... Non pensate che mi abbia procurato un bel guaio? Perché non posso mai stare tranquillo a fare le mie cose, senza pensare alle Sue. Vi benedico.

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