NOSTALGIA DI OPERETTA: IN TRE ATTI IL GASPARONE DI CARL MILLÖCKER CI RACCONTA UN'AVVENTUROSA STORIA SICILIANA D'AMORE E BRIGANTAGGIO
Già nel 1799 il brigantaggio nel Mezzogiorno d'Italia era tutt'altro che un fenomeno di mera criminalità per assurgere piuttosto ad alto valore politico. Era infatti organizzato secondo le finalità della reazione antifrancese e fu, di questa reazione, espressione tipica: Gerardo Curcio detto Sciarpa, Mammone, Fra Diavolo, Pane di grano, Proscio, Panzanera, Soria ed altri capibanda provocarono o accrebbero l'anarchia e tennero in continuo scacco il governo francese.
Il racconto delle gesta brigantesche, ingigantite dalla fantasia popolare, fu evocato, a volte con simpatia, nella leggenda, nella letteratura e nella storia. Il brigante fu rappresentato non tanto come un uomo violento, ma soprattutto come il vendicatore delle ingiustizie subite dal popolo.
E' il caso, in musica, di Fra Diavolo nell'omonima opéra-comique in tre atti di Daniel-François-Esprit Auber su libretto di Eugène Scribe e Casimir Delavigne (Parigi, Opéra-Comique, 1830). E' il caso di Falsacappa nell'opéra-bouffe in tre atti Les Brigands di Jacques Offenbach su testo di Henri Meilhac e Ludovic Halévy (Parigi, Théâtre des Variétés, 1869). Non è il caso di Gasparone nell'operetta in tre atti su testo di Friedrich Zell e Richard Genée che il compositore viennese Carl Millöcker diede alle scene il 26 gennaio 1884 al Theater an der Wien.
Figlio di un orafo da cui ancora ragazzo cominciò ad apprendere i primi rudimenti del mestiere, Millöcker studiò il flauto al Conservatorio di Vienna e la teoria musicale con Franz Joseph Zierer e Josef Laimegger. Sedicenne era già nell'orchestra del Theater in der Josefstadt sotto la direzione di Franz von Suppé, il padre dell'operetta viennese. Fu proprio Suppé a raccomandarlo per il suo primo posto di "Kapellmeister" al Thalia-Theater di Graz dove Millöcker rappresentò nel 1865 i suoi primi "Singspiele", le farse in un atto Der tote Gast (L'ospite defunto) e Die lustigen Binder (Gli allegri rilegatori) di ascendenza offenbachiana. Il suo terzo atto unico, Diana su libretto di Josef Braun fu rappresentato con grande successo il 2 gennaio 1867 all'Harmonietheater di Vienna dove Millöcker era nel frattempo rientrato e dove approfondì le sue esperienze teatrali e musicali collaborando con l'attore e drammaturgo Ludwig Anzengruber. Sulla traccia di Suppé, anche Millöcker scelse, ispirandosi a La Belle Hélène di Offenbach, un soggetto mitologico. Famoso restò per lungo tempo a Vienna il "couplet" cantato dalla dea della castità, "Man möchte gern, und, ach, man darf es nicht..." (Ci piacerebbe farlo, manon lo si può fare, purtroppo...).
La sua prima vera e propria operetta in tre atti, Die Fraueninsel (L'isola delle donne) fu rappresentata, senza particolare risonanza, l'anno successivo al Deutsches Theater di Budapest.
Il successo arrivò nel 1878 con la prima rappresentazione al Theater an der Wien di Das verwunschene Schloss (Il castello incantato) su libretto in cinque atti di Alois Berla cui seguirono altri lavori come Gräfin Dubarry (La contessa Dubarry), Apajune, der Wassermann (Apajune, il genio delle acque) e Die Jungfrau von Belleville (La pulzella di Belleville) che per qualche tempo restarono nel repertorio dei teatri viennesi.
Risale però al dicembre del 1882, con Der Bettelstudent (Lo studente povero) su libretto di Zell e Genée, la grande affermazione internazionale di Carl Millöcker, quella che lo porterà a essere considerato il contraltare, in materia di operetta viennese del periodo d'oro, di Johann Strauss figlio. Solo fra il 1896 - anno in cui Millöcker restò vittima di un colpo apoplettico che lo condurrà alla paralisi e alla morte, avvenuta il 31 dicembre 1899 - e il 1921 Der Bettelstudent è stata rappresentata quasi cinquemila volte sui palcoscenici di area austrotedesca. Con Die Fledermaus (il celeberrimo "Pipistrello") di Strauss (Vienna, 1874) e con il successivo Boccaccio di Franz von Suppé (Vienna, 1879) Der Bettelstudent è infatti considerato unanimemente il "non plus ultra" dell'operetta viennese di fine Ottocento. Gli utili che il compositore ne ricaverà gli consentiranno, oltre tutto, l'indipendenza economica.
Quanto alle ulteriori otto operette che Millöcker darà alle scene prima della malattia, almeno la metà di esse, e in particolare Der arme Jonathan (Il povero Jonathan), di ambientazione americana, che sarà completamente rielaborata nel 1959 dal celebre regista tedesco Walter Felsenstein, potrà vantare se non le invenzioni musicali del suo capolavoro, Der Bettelstudent, pari sicurezza scenica e pari abilità compositiva.
Gasparone, l'operetta di ambiente siciliano composta sull'onda del successo popolare de Lo studente povero, è certamente una di queste. La fortuna di questo lavoro, la cui azione si consuma nel villaggio di Pizzolato, nei dintorni di un'esotica e oleografica Siracusa intorno al 1820, fu immediata. Nel settembre dello stesso 1884, anno in cui fu trionfalmente accolta dal pubblico del Theater an der Wien, passò da Vienna a Berlino e nel 1885 ebbe due riprese a New York, l'una in tedesco, l'altra nella versione inglese, rispettivamente al Thalia-Theatre e allo Standard Theatre. Celebre, negli anni Trenta del Novecento, è la sua trasposizione cinematografica in una versione molto rielaborata ad opera di Alois Melichard, forte della presenza sullo schermo di due star come Johannes Heesters e Marika Rökk che già avevano interpretato Der Bettelstudent.
Si diceva che, a differenza di Fra Diavolo e di Falsacappa di Les Brigands, Gasparone non rappresenta, nell'operetta di Millöcker, il classico personaggio del brigante buono, vendicatore delle ingiustizie subite dal popolo. Diremmo di più, il personaggio di Gasparone, non è nemmeno un personaggio vero e proprio, ma è l'incarnazione scenica del brigante di origini abruzzesi o romagnole, le fonti sono piuttosto contraddittorie sulla provenienza di questa figura della fantasia popolare, che il protagonista dell'operetta, guarda caso un nobile, in alcune versioni del lavoro un non meglio identificato conte Erminio della Torella, in altre semplicemente "lo sconosciuto", decide di rappresentare per meglio potersi avvicinare all'inavvicinabile protagonista femminile, la contessa di Santa Croce.
Quest'ultima, come ogni primadonna d'operetta che si rispetti, è vedova, ricca e non proprio inconsolabile. Sulle sue fortune ha già messo gli occhi il podestà del luogo, il buffo Baboleno Nasoni, uomo aperto a ogni compromesso ("tenere chiuso un occhio per un giorno è meglio che tenerli aperti tutti e due per una settimana" è una delle sue massime) e desideroso di sistemare nel migliore dei modi lo sciocco Sindulfo, suo figlio. Fin qui siamo nel mondo del classico "Singspiel" tedesco di un Albert Lortzing, tanto per fare un esempio, l'autore di Zar und Zimmermann (Zar e carpentiere, Lipsia, 1837) e di tanti altri gustosissimi lavori in cui popolo e nobiltà si disputano bizzarramente amori e fortune economiche, e cui Millöcker è stato più volte accostato, ma la piccola lirica ha le sue regole e la fantasia di Zell e Genée creano tutta una serie di situazioni, ora buffe ora sentimentali per rendere il tutto più operettisticamente disimpegnato. Per esempio introducono nella vicenda una seconda coppia, formata dall'oste e malfattore Benozzo (il classico tenore buffo da operetta) e dalla di lui moglie Sora, una soubrette straordinariamente pugnace e polemica in difesa dei diritti delle donne, impegnandoli nelle classiche schermaglie coniugali del duetto comico dell'Atto Terzo "Er soll dein Herr sein! Wie stolz das klingt!" che i due cantano su una melodia-valzer.
Benozzo fu rappresentato alla prima viennese di Gasparone dal mitico Alexander Girardi, il primo interprete di tante operette di Johann Strauss e dello stesso Millöcker. Durante le prove dello spettacolo, raccontano le cronache, e l'episodio è riportato dal Witeschnik nel suo "Dort wird champagnisiert", autore e primattore arrivarono ai ferri corti e, a un certo punto, il grande comico prese la sua parte e la gettò a terra calpestandola.
"Vale per me tutto questo?" chiese Millöcker fuori di sé. "Certo!" fu la fredda risposta di Girardi che se ne andò, rifiutandosi di comparire nella compagnia dell'operetta. Millöcker, dal canto suo, raccolse la partitura e abbandonò il teatro, rifiutandosi di rappresentare il suo lavoro. Nello sgomento generale, il direttore Franz Steiner prese in pugno la situazione e si precipitò in casa del Maestro supplicandolo di recedere dal suo proposito, ma Millöcker fu irremovibile: <>
Girardi risolse billantemente la situazione gettandosi, in maniera melodrammatica, alle ginocchia di Millöcker nel corso di una successiva riunione di compagnia e, facendo scena muta, congiunse entrambe le mani in atteggiamento di supplica. La situazione era stata sdrammatizzata e Millöcker non poté fare altro che unirsi al generale scoppio di risa. La prima rappresentazione era assicurata.
Ma, per tornare a Gasparone, vale qui la pena ricordare che gran parte del successo che ne accolse la prima esecuzione fu dettato dal suo esotismo. La Sicilia che veniva rappresentata in palcoscenico evocava una meta da sempre prediletta, in letteratura e in musica, dai grandi autori di cultura austrotedesca. Quella messa in scena nell'operetta, però, è del tutto improbabile nonostante l'apparizione in palcoscenico, giusto all'alzarsi del sipario, di una squadra di carabinieri impegnati nella ricerca del brigante Gasparone da poco sbarcato in Sicilia e nascosto, si dice, alle pendici dell'Etna. "Der verdammte Gasparone" (il maledetto Gasparone) è anche al centro del successivo Lied del podestà Nasoni, un brano piacevolissimo che ci presenta l'antieroe di una vicenda che, operettisticamente, rimescola le carte in tavola attribuendo ai contrabbandieri di caffé cui l'incognito protagonista si unisce per commissionare il rapimento della dama di compagnia della contessa di Santa Croce, intenzioni molto meno disoneste di quelle che contraddistinguono il primo cittadino di Pizzolato. Il finto rapimento della contessa è, come in ogni vicenda di cappa e spada che si rispetti, lo stratagemma adoperato dallo sconosciuto protagonista per avvicinare, salvandola dal rapimento, la nobildonna di cui è innamorato. La contessa, sfuggita all'imboscata dei contrabbandieri, è subito oggetto della corte discreta del brigante gentiluomo cui si contrappongono le più concrete proposte matrimoniali di Nasoni che in cambio di un "ménage" coniugale con il figlio Sindulfo le cui prospettive non promettono di essere troppo esaltanti, assicura alla contessa la sicurezza economica e il reintegro nei suoi beni grazie alla vittoria in un annoso processo che la oppone ai parenti del defunto marito.
La vicenda si complica con il rapimento di Sindulfo che lo sconosciuto, per sbarazzarsi dell'ingombrante rivale, commissiona ai fidi contrabbandieri attribuendolo a Gasparone e facendo chiedere, in cambio del rilascio, una forte somma di denaro che la contessa, accettando Sindulfo come fidanzato, si sentirà in obbligo di pagare.
Il fidanzamento viene celebrato, in assenza del promesso sposo, nel corso di una festa nel castello della contessa. Fra valzer, cori, intrighi matrimoniali e nuovi corteggiamenti assistiamo anche al furto del denaro racchiuso in un forziere sistemato negli appartamenti della contessa e messo in atto dallo sconosciuto, che questa volta assumerà
per davvero le sembianze del bandito Gasparone. La contessa, che ha riconosciuto nel malfattore lo spasimante che non le è del tutto indifferente, non si sente di denunciarlo.
Nel finale le cose si rimettono a posto: la contessa rivela il proprio amore allo sconosciuto e può felicemente sposarlo dopo aver appreso di essere di nuovo ricca avendo vinto la causa che la opponeva ai parenti del primo marito e aver ricevuto un pacchetto in cui il tanto temuto brigante Gasparone, che nel frattempo i carabinieri sostengono di avere catturato, le restituisce il maltolto.
Il tutto sull'onda di melodie piacevolissime - a proposito c'è anche spazio per un improbabile intermezzo di tarantella - in gran parte a ritmo di valzer con cui si esprimono un po' tutti i personaggi in palcoscenico.
Se infatti la trama di Gasparone è fin troppo complessa e ingarbugliata, ci pensano le melodie di Millöcker a semplificarla e a renderla accattivante. Tutti ne cantano almeno uno nel corso dell'opera, dallo sconosciuto protagonista che intona l'un tempo celebre "Dunkelrote Rosen", brano la cui paternità è però da attribuire, quanto meno in parte, al revisore Ernst Steffan che nel 1931 rielaborò il lavoro con la collaborazione del librettista Paul Knepler, e che è stata cavallo di battaglia di grandi baritoni tedeschi come Joseph Metternich e Hermann Prey, alla contessa di Santa Croce la cui vocalità è affidata alla corda del soprano di coloratura. Perfino al perfido podestà Nasoni, il classico buffo da operetta, Millöcker ne affida uno quando lo impegna a rimpiangere i bei tempi antichi nel Lied dell'Atto Secondo "Auch ich war einst ein junger Mann" che culmina nel ritornello, "Das waren Zeiten". Sulla melodia di un valzer, per l'appunto.
Trieste, 5 agosto 2002 per il Festival delle Valli di Agrigento. Nelle foto alcune immagini di rappresentazioni di Gasparone nei teatri austriaci e tedeschi, un ritratto dell'autore Csrl Millöcker, il frontespizio dello spartito e, in basso, Nicolò Ceriani che ha portato l'operetta in Italia con la partecipazione di Elio Pandolfi. di Rino Alessi bellaunavitaallopera.blogspot.com
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