PER RICORDARE GIULIO VIOZZI, IL COMPOSITORE TRIESTINO AMICO DELLA MUSICA E UOMO DI SPETTACOLO A TUTTO CAMPO

Sangiacomino doc, e quindi di origini autenticamente triestine, Giulio Viozzi (1912 - 1984) di cui l’Associazione Triestina Amici della lirica tramanda il nome senza mai ricordarlo, era figlio del commerciante Antonio Weutz e di Erminia Degiampietro, che ebbe l’intuizione giusta di avviare il figlio allo studio del pianoforte. Fattosi ragazzino, ricorda Giuseppe Radole, frequentò il liceo-ginnasio Petrarca, studiando contemporaneamente pianoforte e composizione sotto la guida di Antonio Illersberg. Viozzi fu anzi l’allievo prediletto dell’autore del Trittico, anche perché si prestava ad aiutarlo, sedendo al pianoforte, in molti dei concerti corali che Illersberg teneva negli anni Trenta. Si diplomò nel 1931, perfezionandosi poi con Angelo Kessissoglù, allievo di Busoni a Berlino e concertista e insegnante di grande valore. Al diploma in composizione arrivò dopo il servizio militare, appena nel 1937, forse perché nel frattempo si era dedicato al concertismo pianistico, riuscendo vincitore a Roma della Rassegna nazionale giovani concertisti. Ottenne l’incarico di armonia complementare presso il Liceo musicale Tartini di Trieste, ma per un breve periodo: dal 1940 al 1943 fu richiamato alle armi. Dopo il 1943, non avendo aderito alla Repubblica di Salò, fu incarcerato dai tedeschi e poi liberato grazie all’interessamento di Giuseppe Antonicelli, storico Sovrintendente del Teatro Verdi di Trieste e marito di Franca Somigli, che lo utilizzò nell’attività teatrale.
Nello stesso tempo Viozzi riprese l’insegnamento al Liceo musicale Tartini, con l’incarico di storia della musica e delle esercitazioni corali. Nell’anno scolastico 1945/1946 ritornò a insegnare armonia complementare e nel 1956 gli fu assegnata la cattedra di composizione, che occupò fino al pensionamento avvenuto nel 1976. Alla sua scuola si formarono musicisti di vaglia come Antonio Bibalo e Carlo de Incontrera, Daniele Zanettovich e Fabio Nieder che gli furono tutti molto affezionati. Viozzi fu autore prolifico: accanto ai due filoni maggiori della musica sinfonica e dei lavori di teatro musicale, alla produzione di musiche corali, per organo e per chitarra, vanno ricordate le sue musiche da camera, il cui numero è incredibilmente ampio, le pagine per pianoforte solo, quelle per pianoforte e strumento solista (violino, viola, cello, contrabbasso, fagotto, corno, ecc.). Nutrito è anche il numero dei trii in varie combinazioni, quartetti e quintetti, senza dimenticare i Dodici duetti per due violini (1984), dedicati alla scuola di Renato Zanettovich. A decine si contano poi le liriche per voce e pianoforte. Giulio Viozzi si spense la sera del 29 novembre del 1984, all’ospedale di Verona, dove fu ricoverato in seguito a un ictus che lo colse mentre era in vacanza a Cavalese. La sua morte suscitò vasto rimpianto.
Vito Levi lo ricordava come: “forza motrice della vita musicale triestina, titolare di composizione al Conservatorio, direttore della sezione musicale del Circolo di cultura, animatore dell’Associazione Amici della lirica, critico ufficiale della nostra stazione Rai, collaboratore di riviste, conferenziere, tutto gli riesce appuntino, tra la stesura di una composizione e l’altra”. Fino al 1950 Giulio Viozzi era conosciuto soprattutto per alcune musiche cameristiche; nel 1951 Luigi Toffolo diresse in prima assoluta al Teatro Verdi di Trieste un suo poema sinfonico, Il Castello di Duino, accolto con successo. L'anno successivo nacque Punta Salvore, che restituisce le atmosfere dall'estremo lembo dell'Istria Occidentale e si configura come un'invocazione di concordia agli uomini tormentati e divisi di quella terra. Nel 1953 l'Ouverture carsica fu eseguita al Festival internazionale di musica contemporanea della Biennale di Venezia. La fama di Viozzi cresceva, tanto che Lorin Maazel presentò alla Scala il suo Ditirambo (1955). Vengono così alla luce con ritmo sempre più intenso altre composizioni, quali Hangar 26 (1953), Leggenda, Musica dei ginepri (1962) e Musica per Italo Svevo (1962). Il carattere descrittivo delle musiche di Viozzi cominciò a un certo punto a cedere il passo a una realtà radicata nella pratica del contrappunto. Già Contrasti (1964) esemplifica questa nuova tendenza, così come Discorso del vento (1968). Viozzi operò con successo soprattutto nel teatro musicale, la sua grande passione: Allamistakeo, ispirata a un racconto di Edgar Allan Poe, fu tenuta a battesimo al Teatro delle Novità di Bergamo il 26 ottobre 1954 sotto la direzione di Ettore Gracis, e fu salutata come un lavoro rappresentativo dell'opera in musica di quegli anni.
L’opera breve fu ripresa in moltissimi teatri sia in Italia sia all'estero. Un intervento notturno, del 1957, presentata in prima assoluta a Trieste, fu accolta con meno calore della precedente, ma circolò ugualmente e fu ripresa addirittura alla radio di San Francisco e di New Orleans oltre che al Liceu di Barcellona. Sempre a Trieste fu presentato, il 10 marzo del 1962, Il sasso pagano, opera in tre atti di soggetto tragico su testo dello stesso Viozzi e della moglie Bice, che in seconde nozze sposò l’Avvocato Giampaolo de Ferra, Rettore dell’Università di Trieste e Sovrintendente del Teatro Verdi. L’opera che ebbe anche una versione radiofonica era tratta da una novella di ambientazione friulana di Otto von Leitgeb, e fu accolta subito con vivo successo anche grazie all’interpretazione vibrante di Giuseppe Taddei. Nel catalogo teatrale di Viozzi ricordiamo con piacere anche l'atto unico La giacca dannata, ispirata alla novella di Dino Buzzati e rappresentata al Teatro Verdi in apertura di un Trittico triestino che comprendeva anche Alissa di Raffaello de Banfield e Una domenica di Mario Bugamelli, ed Elisabetta, basata sul celebre racconto di Guy de Maupassant, Boule de Suif, che fu presentata al pubblico triestino il 19 novembre 1971. Di un certo interesse è anche la produzione corale e soprattutto l'attenzione che Viozzi dedicò al canto popolare con interessanti elaborazioni soprattutto per coro misto. Il linguaggio musicale di Viozzi può essere classificato in un'area a metà strada tra il Novecento storico, memore della lezione di Leoš Janáček, Sergei Prokofiev, Maurice Ravel, Igor' Fëdorovič Stravinskij e delle suggestioni della musica popolare, spesso di origine balcanica, con un senso ritmico che ricorda in certi casi quello di Béla Bartók; la tavolozza orchestrale e la facile e fluente vena melodica non gli fecero mancare il consenso positivo del pubblico. In campo teatrale preferendo soggetti grotteschi e surreali, sfuggì ai rischi di una pedissequa ripresa del verismo, tipica di autori della sua generazione.
Lo ricordiamo con piacere animare, dividendosi tra microfono e tastiera del pianoforte, gli incontri con gli artisti in scena al Teatro Verdi nella Sala del Ridotto del Teatro, oggi intitolata a Victor De Sabata. Era un piacere sentirlo dialogare con Piero Cappuccilli o Carlo Cossutta, intercalando domande serie e battute di spirito. Il pubblico degli Amici della lirica e del Circolo della Cultura e delle Arti lo adorava. Alla sua morte fu il fratello, l’Avvocato Gualtiero Viozzi, a impegnarsi come Presidente dell’associazione Amici della Lirica, che gli fu intitolata, a tenere vivo il ricordo di Giulio e ad adoperarsi affinché ne fossero eseguite le musiche. Scomparso anche il fratello, nel 2012, in occasione del centenario della nascita, vi furono a Trieste alcuni momenti rilevanti dedicati a ravvivare il suo ricordo. A inizio dicembre, nell’Aula Magna del Tartini, si completava l’omaggio avviato dal Quartetto Sinead Nava, violino, Giorgio Selvaggio viola, Pietro Serafin violoncello, Patrizia Tirindelli, pianoforte, tutti docenti del Conservatorio Tartini, e attivi in altre formazioni cameristiche, che, accomunati dal desiderio di far conoscere in particolare la letteratura del Novecento, presentarono un repertorio ampliato rispetto al primo assaggio musicale offerto nel ciclo di incontri pentaGramma, nella Sala del Ridotto del Teatro Verdi.
La sera di Santo Stefano la Camerata Strumentale diretta da Fabrizio Ficiur presentò in uno dei suoi tradizionali appuntamenti postnatalizi alla Sala Tripcovich l’ultimo lavoro teatrale di Viozzi, la fiaba musicale L’Inverno tratta da una novella di Nilde Spazzali, un’opera breve, venticinque minuti di musica, rimasta inedita e dedicata nel 1977 all’amico e collega Nino Rota. Per l’occasione Massimo Favento ne curò una trascrizione per orchestra d’archi e fiati e incastonò i brani musicali in un testo che rappresentava lo stesso Viozzi in veste di narratore. Maurizio Zacchigna era il compositore-io narrante, Ilaria Zanetti l’imgenua protagonista sosia di Cappuccetto Rosso, Elena Boscarol la nonna e Nicolò Ceriani l’Inverno sotto le spoglie di un tenore raffreddato. A due anni fa, nell’aprile del 2019, risale quella che si può ritenere l’ultima esecuzione pubblica, in prima assoluta in epoca moderna, di un brano dimenticato di Giulio Viozzi, Notturno (Carnevalesco) eseguito una sola volta nel 1933 e riportato in vita da Marco Guidarini e dalla Mitteleuropa Orchestra in una tournée a Novo Mesto per un concerto che proseguiva il suo programma nel nome di Schubert e di Beethoven. 10/03 Nella foto di gruppo è riconoscibile, primo a destra, il fratello di Giulio Viozzi, Gualtiero, Presidente storico degli Amici della Lirica di Trieste di Rino Alessi bellaunavitaallopera.blogspot.com

Commenti

  1. Bellissimo ritratto, denso d’affetto, per questo Grande della musica che dovrebbe essere maggiormente conosciuto per la qualità delle sue composizioni.

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