RICORDO DI MARIO BUGAMELLI, UN GRANDE MUSICISTA TRIESTINO NATO IN RUSSIA E CRESCIUTO NEL MITO AMERICANO: HA INTUITO LA MIA PASSIONE PER LA MUSICA E GLIENE SONO DEBITORE

Fra gli ultimi a interessarsi a Mario Bugamelli (Khar'kov, 7 gennaio 1905 – Trieste, 29 novembre 1978), figura pittoresca e molto amata della Trieste musicale del Novecento, furono, nel 2005, gli itinerari nella vita musicale della Venezia Giulia, tradizionalmente proposti dall'Istituto Giuliano di Storia, cultura e documentazione con un Omaggio in occasione del centenario della nascita. Occasione che fu colta anche dalle Mattinate Musicali del Civico Museo Revoltella di Trieste che, curate da Marco Sofianopulo, furono interamente dedicate a lui riscoprendo inediti preziosi che Corrado Gulin e Massimo Favento eseguirono in duo pianoforte-violoncello. L'appuntamento dell'Istituto Giuliano, anch'esso all'Auditorium del Revoltella, con replica a Gorizia, all'auditorium Fogar, prevedeva invece l’esecuzione di pagine cameristiche rare o inedite. Ucraino di nascita - vide la luce nella città affacciata sul bacino del Don, nell’Ucraina occidentale -, italiano, meglio, bolognese di origine e formazione, triestino d'elezione, parzialmente “americano” per aspirazioni estetiche e scelte compositive, la figura di Mario Bugamelli manifesta tutti i sintomi di una gioiosa vocazione musicale vissuta in una continua dimensione di frontiera, come di lui si scrisse. L'omaggio triestino e goriziano dell'Istituto Giuliano di Storia, cultura e documentazione non si mosse sui più consueti binari del repertorio maggiore di Mario Bugamelli, ossia quello dedicato all'orchestra e al teatro musicale ma riannodò i fili della dimensione domestica e familiare della musica in casa Bugamelli, accostando alcune pagine di Mario a due composizioni per violoncello e pianoforte di Federico Bugamelli, allievo di Pietro Mascagni, direttore d’orchestra, insegnante di canto, compositore e last but not least direttore della scuola di musica di Bologna. In lui Mario ebbe il suo primo maestro. La madre, Amelia Greco sposata Spada, era una cantante e, abbandonando la famiglia - un marito e cinque figli, di cui la primogenita era la mia nonna paterna - seguì Federico Bugamelli, di cui era stata allieva, nella terra degli zar, dove nacque anche la secondogenita della coppia, Teresita che diventerà un soprano lirico-leggero molto apprezzato e promettente. Teresita abbandonò il canto e una carriera bene avviata per sposare un uomo d’affari livornese che si chiamava Fernandez, ricco e di nobili origini.
La conobbi, come Mario del resto, ormai anziana. Era ancora una bella signora, spiritosa e brillante. Alla pari del fratello, fumava come una turca e parlava poco della sua carriera nel corso della quale aveva interpretato Verdi, Oscar, il paggio di Un ballo in maschera e Gilda nel Rigoletto, Bizet, Micaëla in Carmen e Rossini, la piccante Rosina nel Barbiere. Fu anche Ofelia nel raro Hamlet di Thomas accanto a Gino Bechi al Politeama Rossetti di Trieste e Sofia nel Cavaliere della rosa di Richard Strauss sia al Teatro Verdi di Trieste, sia all’Opera di Roma. Credo che la Sofia romana fosse la sua ultima apparizione sulla scena. Fra l’invito a ripetere il personaggio alla Scala e il matrimonio preferì il secondo. Per tornare a Mario Bugamelli, il suo caso si presenta particolarmente appassionante e la sua vita avventurosa giacché in seguito alla Rivoluzione bolscevica l’intera famiglia Bugamelli abbandonò la Russia e ritornò a Bologna, proprio nell’anno 1919, in cui, sempre a Bologna, nacque mio padre, Gioacchino detto Chino, da Rosa Elide Spada figlia di Amelia e madre della piccola Carmen, mia zia, e da Baldassarre detto Rino Alessi: i miei nonni. Nel 1922 Federico Bugamelli fu invitato a Trieste, dove nel frattempo si erano trasferiti i miei nonni e il mio babbo, per ricoprirvi l’incarico di direttore del Conservatorio Giuseppe Verdi prima e dell’Ateneo Musicale, derivato dalla fusione del Conservatori Giuseppe Tartini e Giuseppe Verdi poi. Fu così che Mario approdò nella città all’epoca irredenta da cui non si allontanerà più. Gli studi musicali di Mario e Teresita avvennero negli istituti diretti dal padre. Nel 1926 Mario si diploma in pianoforte con Eusebio Curellich e in composizione con Antonio Illersberg, l’autore del Trittico.
Nel 1927 è reclutato dall’Ente Lirico Giuseppe Verdi di Trieste come percussionista e maestro sostituto. “Con la sua versatilità musicale” scrive Vito Levi, Bugamelli “rende al teatro dei servizi preziosi senza mai lamentarsi.” E ancora “Nell’orchestra ha suonato il pianoforte, la celeste, i timpani e altri strumenti percussori per i quali sente una speciale attrazione. All’occorrenza ha battuto alla tastiera le musiche durante le prove di ballo” e fu così che conobbe la sua compagna e poi moglie Margherita Della Mattia, nella mia famiglia denominata la “sgionfona”. E ancora, citando sempre Vito Levi “ha istruito il coro, e al Verdi ha diretto degli spettacoli” soprattutto d’operetta con cui si presentò anche al Cortile delle Milizie del Castello di San Giusto e poi al Politema Rossetti, senza contare le trasferte palermitane e napoletane “e varie sue composizioni, fra cui i balletti Cartoni animati (1948) e Poema coreografico (1955).”. Da Trieste Mario Bugamelli non volle più andare via, e ne fornì prova quando rinunciò a una cattedra al Conservatorio di Bologna preferendo quello di Trieste dove era entrato nel 1928 come insegnante di pianoforte prima e di direzione di coro e di lettura della partitura poi. Uomo vivace, generoso, “fa lo scetticone con un cuore grande così” Levi dixit. “Non parla mai di sé, e delle musiche dei suoi colleghi parla solamente quando può dirne bene.” Un caso più unico che raro “tanto più” prosegue Levi “che comporre Mario lo considera quasi un affare privato, a dispetto dei suoi frequenti contatti con il pubblico, e non soltanto con quello triestino.”. Come musicista Mario Bugamelli vantò una formazione triestina che più triestina non si può, eppure debolissima fu sul compositore l’azione dell’ambiente triestino. Nelle sue composizioni si trovano legami evidenti con la musica russa, col jazz, con il canto all’italiana. La sua produzione è imprecisata, tanto era il disordine in cui Mario visse.
Tra le sue opere orchestrali Sequenza (1944) fu bene accolta a Venezia e a Roma. Tra i numerosi lavori per pianoforte e orchestra vanno citate la Sonatina eseguita a Vienna e, di particolare interesse e impatto sul pubblico, il Terzo concerto presentato dal Teatro Verdi nel 1968 e ripreso in anni più vicini a noi da Claudio Crismani, poco prima che Mario morisse. Fra le composizioni vocali-strumentali un posto di rilievo, nella produzione bugamelliana, va riservato alla cantata per voce recitante, coro e orchestra La notte Santa, denominata quadro sinfonico, su testo di Guido Gozzano che Bugamelli registrò negli studi torinesi della Rai. Il capitolo teatrale si compone - come per Francis Poulenc - di tre soli titoli. L’atto unico Una domenica su libretto di Giulio Viozzi, racconta una domenica in famiglia alle prese con una partita di calcio in diretta radiofonica. E’ un’opera di raro divertimento in cui il melodramma ride di se stesso, come quando il nonno sordo declama al modo di Rigoletto, di aprirgli la porta perché vuole ascoltare anche lui la partita. Acquistata da Casa Ricordi, Una domenica fu ripresa a Bergamo dopo il felice battesimo triestino del 1967 sul palcoscenico amico del Verdi sotto la direzione del compianto "rossinologo" Alberto Zedda e abbinata a La giacca dannata di Viozzi e ad Alissa di Raffaello de Banfield. Meno fortunate furono le due sorelle minori: una commedia in tre atti intitolata Luludia su testo di Glauco Delbasso non fu mai rappresentata, mentre La Fontana, atto unico su libretto di Dino Buzzati, ottenne un successo di stima al Teatro Verdi nel 1971 abbinata alla farsa donizettiana Le Convenienze e inconvenienze teatrali in cui agivano Daniela Mazzucato, non ancora regina dell’operetta ma prossima a diventarlo, e Sergio Tedesco, la coppia che Mario diresse, e mi presentò, l’estate successiva dopo una rappresentazione del Fiore di Haway di Abraham al Politeama Rossetti. Mario Bugamelli fu anche la persona che intuì in me una passione per la musica ed esortò mia madre ad accompagnarmi con mio fratello ad assistere a Turandot che Nino Verchi stava preparando al Verdi. Mario era alle percussioni in orchestra e noi tre, la mamma, Paolo ed io eravamo seduti nel palchetto di pepiano sopra di lui. Ci salutavamo negli intervalli e per farci ridere ci faceva capire che avrebbe suonato così forte le sue percussioni da farci diventare sordi. Da quella Turandot con Lucilla Udovich e Flaviano Labò è nata la mia grande passione per la musica. 7 marzo di Rino Alessi bellaunavitaallopera.blogspot.com

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