Non è un’opera, non è un’operetta, non è nemmeno un vero e proprio musical il Candide di Leonard Bernstein che ha chiuso la stagione 2024/2025 del Teatro Verdi di Trieste dove non era mai stato rappresentato. L’idea di tradurre in musica per il teatro popolare un capolavoro della letteratura polemica illuministica come Candide o dell’ottimismo di Voltaire venne a Bernstein e alla scrittrice Lillian Hellman un anno prima del trionfale successo di West Side Story. All’epoca si parlò di questo lavoro come di una sorta di rifacimento del Crepuscolo degli dei per opera di Rossini e Cole Porter: certo è che alla prima di New York nel dicembre del 1956 l’esito fu negativo tanto è vero che negli anni successivi Bernstein riprese più e più volte questa sua creatura teatrale affidandone la versificazione ad autori diversi dalla Hellmann. Nell’ambito di una produzione teatrale nel complesso limitata a pochi titoli, Candide spicca per le sue ambizioni ideologiche e letterarie, ma - come dire - no...
A oltre cinquant’anni dalla sua ultima esecuzione sul palcoscenico triestino, il Teatro Verdi ha riproposto integralmente e con vivo successo il Trittico di Giacomo Puccini nell’allestimento già visto la stagione passata al Comunale Nouveau di Bologna. Impresa non da poco quella della Fondazione triestina che nelle ultime stagioni aveva abbinato Suor Angelica e Gianni Schicchi ad altri titoli del repertorio novecentesco, trascurando Il Tabarro, ossia il primo dei tre atti unici della trilogia in cui si rappresenta, da diverse angolazioni, il tema della morte. Ed è proprio l’atmosfera cupa e oppressiva di questo lavoro d’ambientazione parigina che il librettista Giuseppe Adami trasse da “La Houppelande” di Didier Gold, che meglio è restituita dal bello spettacolo firmato da Pierfrancesco Maestrini per la regia, con la collaborazione di Nicolas Boni per le scene, Stefania Scaraggi per i costumi e Daniele Naldi per il disegno luci. Un team che abbina ogni pannello del Trittico alle tre ca...
Come per la precedente Lucia di Lammermoor anche il verdiano Rigoletto aveva una precedente edizione triestina diretta da Daniel Oren; ci riferiamo a quella dell’ormai lontano 2006, protagonista Renato Bruson, a conferma del forte legame fra il Maestro israeliano e la Fondazione lirica dell’estremo Nord Est d’Italia. Con Rigoletto, avverte Daniel Oren, assistiamo a un’evoluzione che pone un marcato spartiacque fra la prima produzione di Verdi e quella della maturità. Nonostante molte delle innovazioni formali si fossero già prefigurate nelle opere precedenti, nessuna prima di Rigoletto aveva mostrato altrettanta unità stilistica e forza nell’espressione del dramma che, in questo caso, ruota attorno a una funesta maledizione. La lettura che Oren fornisce di Rigoletto in quest’occasione segue alla lettera il dettato verdiano e, complice un disegno registico scorrevole e funzionale, realizza con il contributo di un’orchestra galvanizzata dalla sua presenza sul podio, un’interpretazione ap...
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