A OTTO ANNI DALL'ULTIMA ESECUZIONE A TRIESTE E' TORNATA SUL PALCOSCENICO DEL TEATRO VERDI LA CENERENTOLA DI ROSSINI E LA BONTA' E' TORNATA A TRIONFARE

E’ arrivata a Trieste dal Teatro Carlo Felice di Genova la rilettura che la coppia registica Paolo Gavazzeni e Pietro Maranghi realizzò nel 2022 della celeberrima fiaba in musica di Rossini La Cenerentola firmata nel 1987 da Emanuele Luzzati. L’allestimento originale, cui collaborò per i costumi Santuzza Calì, è ancora oggi oggetto di culto e caposaldo della storia del teatro musicale grazie all’inconfondibile cifra stilistica con cui il grande scenografo genovese illuminò la fiaba rossiniana tratta liberamente da Perrault. Chissà perché la luce che Luzzati riverberò a piene mani nel dramma giocoso in due atti su testo di Jacopo Ferretti, si è trasformata negli anni in uno spettacolo buio in cui stentano a definirsi i confini, rossinianamente labili, fra dramma di formazione sentimentale della sfortunata Angelina, La Cenerentola del titolo, che trionfa grazie alla sua bontà, e l’elemento giocoso che prende il sopravvento quando la scena è occupata dai personaggi buffi del patrigno Don Magnifico in primis e del cameriere Dandini che si sostituisce al Principe Azzurro per vagliare il pedigree delle sue aspiranti spose. Non aiutano, in un’azione che non è governata dal gioco di squadra che ha fatto grandi gli allestimenti che contano de La Cenerentola, i costumi di ripresa firmati da Nicoletta Ceccolini che poco rispecchiano il carattere del singolo personaggio, pensiamo soprattutto a Dandini trasformato in una specie di fraticello.
Ancor meno aiutano i movimenti marionettistici richiesti al coro virile del Teatro Verdi preparato come sempre da Paolo Longo e, in quest’occasione, fin troppo sonoro. Sul fronte musicale è vero che l'orecchio dell'ascoltatore è da Rossini costantemente guidato lungo il processo di completo disvelamento della natura della protagonista, declinato attraverso una lunga serie di contrasti con la comicità di Don Magnifico - impagabile Carlo Lepore in questa sottile caratterizzazione che elimina la perfidia del personaggio a favore di una bonomia di fondo che lo redime -, con l'irrequieto e scanzonato nervosismo di Dandini, - un Giorgio Caoduro che torna al personaggio che al Teatro Verdi interpretò già nel lontano 2006 forte di una costante maturazione artistica e stilistica che lo rende difficilmente sostituibile In Rossini, - con l'incorreggibile stupidità delle sorellastre, - Federica Sardella e Carlotta Vichi, disinvolte e a loro modo divertenti, - e con gli ingegnosi interventi del maestro Alidoro interpretato da Matteo D’Ippolito che viene a capo in qualche modo della difficile aria “Là del ciel nell’arcano profonda” scritta per i mezzi eccezionali del basso Moncada nella ripresa romana dell’opera nel 1820.
Enrico Calesso, neo Direttore Musicale del Teatro Verdi, da anni si dedica a una costante ricerca sul repertorio mozartiano e rossiniano con un’ampia scelta di titoli del grande pesarese al suo attivo. La Cenerentola è stata quindi eseguita, seguendo un uso ormai consolidato della prassi, escludendo i tre numeri composti da Luca Agolini per la prima esecuzione al Valle di Roma del 1817, senza tagli nei numeri chiusi e con i recitativi quasi al completo. Nell'organico orchestrale non sono inoltre presenti le percussioni. Il risultato è un Rossini meditato più che spumeggiante, ma d’indiscutibile qualità musicale. Quanto alla protagonista, Laura Verrecchia ci aveva entusiasmato nei panni di Seymour nell’Anna Bolena donizettiana di qualche mese fa , qui è una Cenerentola volitiva e di grande forza di penetrazione vocale, qualità che mettono in ombra la tenerezza con cui altre grandi interpreti rossiniane hanno raccontato la sua fiaba e la sua evoluzione nel segno della bontà in trionfo. In questo senso il tenore Dave Monaco già Don Ramiro al Rossini Opera Festival di Pesaro è stilisticamente più pertinente, svetta in acuto con disinvoltura, è tornito nel fraseggio e rapido nell’ostica coloratura come a un Principe rossiniano conviene. La serata, che ci ha convinto a metà, è stata in ogni caso, molto applaudita da un pubblico meno folto che per l’appuntamento verdiano con Nabucco, ma comunque partecipe e caloroso nei saluti finali all’intera compagnia. di Rino Alessi 27/04/2024 Info: www.teatroverdi-trieste.com Foto: Fabio Parenzan bellaunavitaalloperablogspot.com

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