DEDICATO A PAPA' ROSSINI, alla vigilia della Festa dell'Assunzione in cielo di Maria, ossia Ferragosto
“Buon Dio, eccola terminata questa umile piccola Messa. È musica benedetta quella che ho appena fatto, o è solo della benedetta musica? Ero nato per l’opera buffa, lo sai bene! Poca scienza, un poco di cuore, tutto qua. Sii dunque benedetto e concedimi il Paradiso.”
(Gioachino Rossini, Passy, 1863)
Con queste poche parole, rivolte a Nostro Signore, il cigno di Pesaro si congedava dalla musica, e dal mondo.
Per questo motivo la Petite messe solemnelle può essere considerata il testamento spirituale di Rossini, forse già conscio della sua prossima fine. Anche in quest’occasione, però, Rossini, che a soli trentasette anni aveva abbandonato l’agone operistico, si conferma lo spirito ironico che sempre fu. Al Buon Dio si rivolge con rispetto e deferenza, ma anche a Lui non cela l’irrequietudine del suo carattere, celata sotto il sorriso ironico tipico della gente adriatica.
Quando, anni addietro, conobbi e intervistai quel grande interprete rossiniano che è stato Bruno Campanella, fu molto chiaro. Amava tutto del Belcanto italiano, ma solo Rossini poteva essere considerato un “buon papà”, Bellini e Donizetti possono essere considerati degli zii affettuosi ma Rossini è il padre di tutta la musica che verrà.
Ho sempre amato Rossini anche perché, di nome, fa Gioachino, come mio padre. Questo me l’ha sempre reso familiare. La seconda opera che vidi a teatro fu il suo immortale Barbiere di Siviglia che mi conquistò, sfido in scena al Teatro Verdi di Trieste c’era gente come Bruscantini, Montarsolo, il Dottor Bartolo di Michele Cazzato, il Maestro di Luciana Serra, come non esserne conquistati? Poi vennero gli altri titoli, Il Conte Ory che a Trieste fu eseguito nella versione italiana, ma con un bellissimo cast che radunava Ugo Benelli, Romana Righetti e Carmen Gonzales nei ruoli centrali. O L’Italiana in Algeri, dove Montarsolo fu superlativo, assieme a Bianca Maria Casoni e lo stesso Benelli. Dirigeva Carlo Franci.
La prima opera seria che ascoltai fu Mosé, ma non ne rimasi conquistato. Poi vennero le grandi produzioni della Rossini Renaissance in cui potei ammirare artisti passati alla storia: Marilyn Horne, per esempio, che ascoltai alla Scala in Italiana in Algeri nella celeberrima edizione Abbado/Ponnelle, e poi alla Fenice in Tancredi e di nuovo Italiana in Algeri con Samuel Ramey. O Teresa Berganza, meraviglioso Cherubino, che ebbi l’onore d’intervistare due volte, lei che interviste non ne concedeva per paura di stancare la voce. O l’indimenticabile Lucia Valentini Terrani nata per essere Cenerentola.
E poi tutti gli altri interpreti di una gloriosa Rossini Renaissane, June Anderson, splendida Semiramide all’Opera di Roma in cui Martine Dupuy sostituì al volo Lucia, Rockwell Blake, Chris Merritt, Lella Cuberli: tutta una generazione di artisti meravigliosamente rossiniani che furono le colonne portanti dei primi Rossini Opera Festival, la risposta italiana allo strapotere dei Festival di Bayreuth e Salisburgo.
A Pesaro debuttai, come ascoltatore, con Il viaggio a Reims, la cantata scenica diventata ormai un simbolo del Rossini Opera Festival, da quando, cioè, Abbado e Ronconi la riportarono in vita all’Auditorium Pedrotti con un cast da capogiro: Gasdia, Ricciarelli, Valentini, Cuberli, Raimondi, Ramey, Nucci, Dara, Gimenez e Gonzales. Alla mia recita la Ricciarelli non cantò, sostituita dalla giovane – all’epoca – Antonella Bandelli.
Dal 2001 il ROF, all’interno del suo Festival Giovane, propone l’opera nell’interpretazione di giovani voci formatesi nell’ambito dell’Accademia Rossiniana “Alberto Zedda”, sostenuta dalla Fondazione Meuccia Severi. Ogni esecuzione de Il viaggio a Reims è una festa.
Ma, per tornare alla Petite messe solemnelle, fu eseguita per la prima volta in forma privata il quattordici marzo del 1864 a Saint-Georges, nei dintorni di Parigi, nella cappella di famiglia della contessa Louise Pillet-Will, moglie del banchiere Pillet-Will e dedicataria della composizione. All’esecuzione, cui parteciparono le celebri sorelle Marchisio, furono invitati anche alcuni critici musicali e musicisti: Meyerbeer, Auber, Ambroise Thomas.
Il coro era formato da studenti del Conservatorio, scelti tra i migliori; al pianoforte suonarono Georges Mathias e Andrea Peruzzi, mentre Albert Lavignac, allora solo diciottenne, suonava l'harmonium. La messa ottenne grande successo e fu replicata più volte.
L'opera si compone di quattordici pezzi, ricchi d’inventiva armonica e melodica e s’inserisce fra le composizioni rossiniane di più spiccata originalità. L’alternanza tra musica da chiesa e musica profana che Rossini dispensa a piene mani, fa la differenza fra questa geniale composizione e altri pezzi sacri. Rossini stesso s’incaricò di farne una versione per orchestra, per paura che la sua musica potesse essere tradita. Fu una scelta oculata, anche se la versione per orchestra non può ripetere il fascino della versione da camera.
La prima esecuzione pubblica della Petite messe solemnelle ebbe luogo il ventiquattro febbraio del 1869 al Théâtre des Italiens di Parigi. A metà maggio avvenne la prima esecuzione in Inghilterra e nello stesso 1869 il Teatro Comunale di Bologna la mise in cartellone come Messa solenne diretta da Emanuele Muzio cui seguì, nel 1878, il Teatro Regio di Parma.
La mia prima Petite messe solemnelle l’ascoltai, ancora studente, a San Giovanni in Tuba, la chiesetta romanica che sorge sulle risorgive del Timavo: un sito affascinante. Dirigeva Daniele Zanettovich e nel cast spiccavano i nomi di Romana Righetti e Giuseppe Botta, due splendide voci di soprano e di tenore. Al Teatro Verdi di Trieste arrivarono solo pochi anni fa, in piena pandemia, concertate e dirette con valore da Francesca Tosi, all’epoca Maestro del Coro della Fondazione, con uno splendido quartetto di solisti in cui Daniela Barcellona, con il suo timbro caldo e il suo canto intenso, ripeteva nell’Agnus Dei conclusivo, i miracoli che in questa pagina tanto sentita e pulsante emozione, sapeva fare, eseguendola a regola d’arte, la grande Lucia Valentini Terrani.
Tutto questo discorso rossiniano, mi è stato suggerito dal ritrovamento, fra i CD ricevuti in attesa di recensione, di ben due esecuzioni della Petite messe solemnelle. Entrambe nella versione originale ed entrambe incise con intenti filologici, i solisti – così prescrive Rossini – cantano assieme al coro negli episodi a lui dedicati, il Maestro concertatore, è il caso di Michele Campanella a Pesaro, siede, in genere, al pianoforte primo, cui il secondo fa da supporto, con gli interventi ad hoc dell’harmonium che rilevano la spiritualità di questo sorridente addio alla vita.
La prima versione ritrovata fu incisa da Giovanni Battista Rigon al Teatro Olimpico di Vicenza nel giugno del 2006 ed è prodotta da Velut Luna. Vede Rigon realizzare il proprio intento con un terzetto eccellente di strumentisti e un gruppo vocale che esegue sia i soli che i brani corali. L’intento filologico è rispettato, ma le pagine di estrazione profana ne risentono.
Il secondo CD è prodotto invece dalla Finest Ael Records e fu inciso nell’ottobre del 2014 a Bracciano, nella Chiesa di Santa Maria del Riposo. Il concertatore e direttore Gabriele Mauro siede in questo caso al secondo pianoforte, e dispone dell’Accademia Pergolesi per le parti corali, mentre i soli sono affidati a un gruppo di solisti adeguato ma non memorabile, Caterina Rufo, soprano, Irene Molinari, mezzo, Michael Alfonsi, tenore, Gian Filippo Bernardini, basso, con Enrico Angelozzi al primo piano ed Emanuele Leomporri all’harmonium.
Che dire? Rispetto gli intenti filologici, ma continuo a preferire l’edizione, accusata a suo tempo, di essere troppo teatrale, con Pavarotti, la Freni, Ruggero Raimondi e Lucia Valentini Terrani, concertata e diretta con rigore da Romano Gandolfi, con Leone Magiera alpianoforte.
Datemi pure dell’antico, ma la penso così.
14/08/2023 di Rino Alessi Nelle foto di Fabio Parenzan,Daniela Barcellona, Francesca Tosi, Antonino Siragusa, Giulia Della Peruta, Abramo Rosalen e Adele D'Aronzo sul palcoscenico del Teatro Verdi di Trieste per la Petite messe solemnelle del 2020. Le copertine dei CD presi in esame nell'articolo prodotti da Velut Luna e Finest Ael Records.
Info: www.rossinioperafestival.it www.teatroverdi-trieste.com/it www.giovannibattistarigon.com www.highresaudio.com/en/album/view/fqg924/accademia-pergolesi-gabriele-mauro-rossini-petite-messe-solennelle
bellaunavitaallopera.blogspot.com
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