FRANCIS POULENC E TRIESTE: UN RAPPORTO DI FIDUCIA CON QUALCHE TRADIMENTO. PER RICORDARE RAFFAELLO DE BANFIELD, VITO LEVI E ORAZIO FIUME
Il legame fra Trieste e Francis Poulenc (1899-1963) risale alla prima rappresentazione al Teatro Verdi il 23 novembre del 1957 di Les dialogues des carmélites (I dialoghi delle carmelitane), il lavoro drammatico certamente più ambizioso e complesso se non il più originale del musicista parigino. Rappresentata per la prima volta alla Scala il 26 gennaio del 1957 nella traduzione italiana di Flavio Testi e poi subito ripresa a Parigi nella versione originale francese, l'opera mette in musica uno dei testi più diffusi e amati del teatro del Novecento: Les dialogues des carmélites di Georges Bernanos, a sua volta ispirato alla novella di Gertrud von Le Fort Die letzte am Schafott (L'ultima al patibolo). I dialoghi delle carmelitane non sono mai usciti dal repertorio dei grandi teatri d'opera, fatto abbastanza singolare, per non dire eccezionale, per un lavoro che ha visto la luce nella seconda metà del secolo scorso.
Il Teatro Verdi fu il secondo palcoscenico italiano a rappresentare quest’opera. Nel suo prezioso intervento contenuto nel volume "Il Comunale di Trieste" (Udine, 1960) Vito Levi ricorda che la regia dell'allora giovanissimo Franco Enriquez “conferì sulla scena un ritmo interiore tragicamente solenne” a quest'opera dal ritmo solenne. A reggere il discorso musicale era l'esperto Oliviero De Fabritiis. In palcoscenico quattro eccellenti primedonne erano state scelte per fare da corona alla Vecchia Priora della grande Gianna Pederzini che già aveva affrontato questo ruolo alla Scala: la debuttante Nicoletta Panni (Blanche de la Force, protagonista dell'opera), Luciana Serafini (Madame Lidoine, la Nuova Priora), Nora De Rosa (Mère Marie de l'Incarnation, la Vice Priora) ed Elda Ribetti (la giovanissima Soeur Constance de Saint-Denis, la “soubrette de Dieu”). Accanto a loro il Marchese de la Force di Renato Cesari e il giovane Cavaliere di un altro quasi debuttante, Alfredo Kraus che nella stagione precedente si era presentato con successo al pubblico triestino (e italiano) cantando ne La vida breve di Manuel de Falla.
Il maestro Raffaello de Banfield, per anni direttore artistico del Teatro Verdi e di casa a Parigi, fu il "trait d'union" fra la Ville Lumière e Trieste per quella straordinaria prima esecuzione: “Poulenc dava il suo lavoro alla Scala ed io già mi occupavo, era davvero un piacere farlo, di informare l'allora Sovrintendente del Teatro Verdi Giuseppe Antonicelli che, a mio giudizio, sarebbe stato un grande successo. Antonicelli, che era un uomo molto informato fu pronto ad accogliere il suggerimento e I Dialoghi furono rappresentati a Trieste a pochi mesi di distanza dalla prima scaligera e a pochissimi da quella parigina.”. Quello stesso anno l'Opéra di Parigi metteva in scena, su suggerimento di Poulenc, il balletto di Banfield Le Combat. “Parlando con Francis, che è stato uno dei miei migliori amici e che conobbi a Parigi in casa degli Auric, mi venne spontaneo dirgli, credo di aver servito la tua causa, Trieste darà I Dialoghi delle carmelitane. Lui mi rispose: questo sì vuol dire aiutarsi fra amici e non entrare nella logica perversa dell'una mano lava l'altra.”.
Nel 1957 il maestro de Banfield seguì tutte le prove dell'opera: “Mi colpì” ricordava nel corso di un incontro che avemmo nel 1999 quando, nel centenario della nascita di Francis Poulenc, Les dialogues des carmélites furono ripresi al Teatro Verdi “Kraus nel breve ruolo del Cavaliere e lo dissi ad Antonicelli. Poulenc ci raggiunse dopo la prima e fu molto contento della distribuzione. Ammirò soprattutto la Madame Lidoine di Luciana Serafini, un soprano che poi è sparito, ma che Francis preferì addirittura a Leyla Gencer che aveva avuto alla Scala... Quanto alla Pederzini cui mi legava una cordiale amicizia, il successo della prima alla Scala, arrivò dopo la scena della sua morte. Fu così anche a Trieste.”.
Qualche anno dopo, ospite della stagione 1960-1961 della gloriosa Società dei Concerti all’epoca ospitata dal Teatro Verdi, Poulenc tornò a Trieste per accompagnare al pianoforte la sua interprete prediletta, Denise Duval, che già era stata la prima Blanche de la Force parigina, e che fu la prima interprete de La voix humaine (La voce umana) su testo di Cocteau, eseguita – nel corso di una breve “tournée” italiana – in forma di concerto. Fu, ricordava lo storico segretario della Società dei Concerti Nino Pontini, un’esecuzione magnifica la cui memoria sopravvisse anche alla prima rappresentazione scenica di questa “tragedia al telefono” che arrivò al Teatro Verdi qualche anno più tardi, in versione italiana, e con Magda Olivero protagonista.
Una terza presenza di Poulenc a Trieste è legata alla sua partecipazione, nel 1962 un anno prima di morire, alla giuria internazionale del Premio di composizione “Città di Trieste”. Nel 1957, scrive ancora Vito Levi (“La vita musicale a Trieste”, Milano, 1968) il Comune di Trieste affidava al Conservatorio Tartini la gestione del “Premio città di Trieste” istituito nel 1949 per diretta iniziativa dell’allora Sindaco Gianni Bartoli. Fino al 1961 fu un premio nazionale di composizione; col 1962, grazie alla dedizione del neodirettore del Conservatorio Orazio Fiume, divenne internazionale e, nel 1968 fu accolto nella Federazione dei concorsi internazionali di Ginevra.
Nel 1962, il maestro Fiume, per statuto direttore artistico del Concorso, deluso dal livello mediocre della manifestazione nell’anno precedente, decise di ammettere alla competizione gli autori stranieri e chiamò come membri della giuria i nomi più importanti del panorama internazionale, in particolare quelle personalità che aveva conosciuto durante un suo soggiorno parigino e alle quali inviava persuasive lettere. Grazie al premio, Trieste fu inserita nel circuito della musica contemporanea con prospettive che andavano ben oltre le attese del Sindaco Bartoli. Nell’edizione del 1962 furono in giuria, oltre a Francis Poulenc, l’anziano Gian Francesco Malipiero, presidente, Cesare Nordio, direttore del Conservatorio di Bolzano, Vito Levi, lo svizzero André-François Marescotti e tardivamente Mario Zafred. La giuria si riunì ad Asolo, in casa di Malipiero che, per motivi di salute, non avrebbe potuto spostarsi. Poulenc arrivò da Parigi a lavori iniziati.
La giuria aveva esaminato le composizioni, tutte rilegate in tela grigia tranne una, in tela rossa che Malipiero teneva molto da conto ma che non riteneva opportuno esaminare collegialmente prima dell’arrivo di Poulenc. Fu più che evidente, osserverà Vito Levi nel suo diario musicale, che Malipiero e il suo collega francese si erano in precedenza messi d’accordo circa il primo premio da conferire a una partitura legata in tela rossa. Malipiero la teneva accanto a sé, covandola con gli occhi. Poulenc, giunto in ritardo, adocchiò subito la copertina rossa e fece al suo illustre amico un cenno d’intelligenza. Poi, per salvare le apparenze, gettò uno sguardo affrettato su alcune altre partiture, di quando in quando esclamando “c’est affreux” (e qui aveva ragione). Sennonché la piccola congiura fallì alla votazione di cinque contro due. I “triestini”, osservò stizzito Malipiero, congiurarono per legittima difesa.
L’episodio creò una frattura insanabile tra Fiume e Malipiero. Tanto più che, non assegnato il primo premio, il secondo andò all’ex Direttore del Tartini Gabriele Bianchi, allievo di Malipiero ma dal maestro poco considerato: il nome del secondo vincente scriverà Malipiero a Fiume, mi ha profondamente rattristato. Basta non parliamone più che Asolo è troppo lontana da Trieste.
27/04 Nelle foto, dall'alto, Poulenc giurato al Premio Musicale Città di Trieste, il barone Raffaello de Banfield e un gruppo di amici di Renata Tebaldi, Daniela Mazzucato e Paolo Longo in La voix humaine al Ridotto del Teatro Verdi, si presenta lo spettacolo Opium Rhapsodiae su musiche di Poulenc all'Auditorium del Museo Revoltella. di Rino Alessi bellaunavitaallopera.blogspot.com
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