Riflessione di Giovanni Boer, Parroco di Santa Eufemia e Santa Tecla a Grignano - XXVIII Domenica Tempo Ordinario -- anno B -- Mc 10,17-31

Mentre andava per la strada, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: “Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?”. Gesù gli disse: “Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre”. Egli allora gli disse: “Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza”. Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: “Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!”. Ma a queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni. Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: “Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!”. I discepoli erano sconcertati dalle sue parole; ma Gesù riprese e disse loro: “Figli, quanto è difficile entrare nel regno di Dio! È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio”. Essi, ancora più stupiti, dicevano tra loro: “E chi può essere salvato?”. Ma Gesù, guardandoli in faccia, disse: “Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio”. Pietro allora prese a dirgli: “Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito”. Gesù gli rispose: “In verità io vi dico: non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del Vangelo, che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà”. Questo è il passo chiamato “del giovane ricco”, ma che questa persona sia giovane ce lo dice Matteo, non Marco. Uno dei temi forti di questo brano del Vangelo è quello della vocazione, della vocazione ‘speciale’: sia di questo ‘giovane’, sia degli apostoli, sia – in maniera indiretta – di tutti quelli che nel corso di secoli abbracciano lo stile di vita di Gesù e si consacrano a Lui totalmente, “lasciando – per usare l’espressione degli Apostoli e di Gesù – fratelli, genitori, figli e lavoro”. Non è l’unico tema, ma certo è uno di quelli fondamentali in questo episodio.
Alcuni ragguagli ‘veloci’ sulla vocazione, alcuni “ingredienti”, così come emergono dal brano, quasi in sequenza a cascata. Prima di tutto: a questa persona non basta ciò che già fa per Dio. Capisce che deve fare di più. Poi: di certo la base su cui piantare la vocazione è praticare la legge di Dio (Gesù richiama sei comandamenti che fanno da sintesi degli altri, dando per scontato che tutto quello che riguarda il culto a Dio è già ben presente nella mente dell’uomo che lo sta interrogando: era più comune infatti in quei tempi essere ligi alle pratiche del culto piuttosto che all’onestà verso gli altri); legge di Dio che traduciamo così: attenzione ai momenti liturgici (dati per scontati da Gesù per quel giovane: oggi certo non lo darebbe per scontato), fedeltà, onestà, rispetto delle persone, e amore per la propria famiglia di origine. Ancora: questa legge di Dio è divenuta uno stile di vita da lungo tempo (“fin dalla mia giovinezza”). Ancora: essere disposto a lasciare tutta la propria ricchezza e dare il ricavato ai poveri. Quindi ancora: stare appiccicato a Gesù e andare dove Lui va, fermarsi dove Lui si ferma. Divenirgli intimo. La ricchezza ... Quel giovane era attaccato, purtroppo, ai suoi molti beni. Ma gli apostoli comprendono che, alla fine, chiunque sia attaccato con la vita a qualcuno o qualcosa mettendoli al di sopra di Gesù, non può seguire Gesù. Ma ancora di più essi comprendono che la faccenda è seria: l’esigenza che pone Gesù è ‘tosta’. Alla fine, gli apostoli non si concentrano sul quel giovane ricco che se ne va, ma sul fatto che tutti in qualche maniera possono vivere come ricchi, cioè attaccati a qualche bene – che passerà con la morte – e rimanere tagliati fuori dal seguire Gesù veramente. Se a volte gli apostoli hanno potuto sentirsi dei privilegiati, qui capiscono bene che la faccenda del possedere ricchezze riguarda tutti ... anche loro. Chiedo a me e a voi: cosa penso dei miei beni, delle mie ‘proprietà’, di ciò che possiedo? Mi identifico con loro? Cosa penso dei miei titoli di studio, della mia professione? Delle ‘cose’ che mi fanno sentire accreditato?
E poi ancora chiedo a me e voi tutti: quando preghiamo per le vocazioni, preghiamo anche perché tutta questa serie di “ingredienti” siano curati dalla persona che viene chiamata? E, quindi, anche affinché sia serenamente attaccata/distaccata ai beni che ha (ricchezza, capacità, doti particolari, abilità particolari), in modo tale che li usi tutti per servire Gesù, e gli altri? Vi ricordate, infatti, che c’erano delle donne, innamorate di Gesù, che assistevano Gesù con i loro beni: perché un po’ di ricchezza, senza strafare, serve per far del bene, e portare Dio a tutti. È evidente che non erano attaccate ai loro beni queste donne, perché il loro bene era Gesù. Aggiungo per voi. Ci spaventa che Gesù dica: impossibile agli uomini. Ma ci consola che aggiunga: ma non a Dio, perché tutto è possibile a Dio. I discepoli hanno capito che “stando così le cose” nessuno si può salvare, e che la cosa non riguardava solo quel ricco. E Gesù lo conferma, ma aggiunge quelle parole che ci danno la speranza. Se gli uomini si rapportano verso Dio soltanto con le loro forze, con le loro idee, con le loro convinzioni, non si potranno salvare perché, anche se parlano di Dio, lo fanno solo per una qualche utilità o perché seguono le idee della loro mente, convinti che Dio sia quelle idee lì. Ma Dio non è quello e pertanto ogni sforzo che fanno verso quel dio lì, non serve, perché quel dio, quella salvezza non esistono. La realtà è che la salvezza va chiesta a Dio perché solo Dio conosce che cosa sia la salvezza, che cosa sia la morte, che cosa sia la vita dopo la morte, che cosa sia la Vita Eterna. Prima di tutto bisogna comprendere che la nostra vita non è racchiusa di qua e bisogna vivere pensando al di là. E questa comprensione oggi è assai rara, al di là di quello che potrebbe sembrare. Poi bisogna comprendere che “non mi salvo perché sono in gamba io”: devo chiedere l’aiuto a Dio, che non è come penso io. L’uomo, a qualunque credo religioso appartenga, la salvezza deve implorarla da Dio. Questo atteggiamento comporta che non tiene le mani avvinghiate sulle cose o sulle persone, comporta che non si mette al centro di tutto, dei suoi beni, dei suoi trofei, della sua famiglia, della sua comunità: comporta almeno un po’ di umiltà. Comporta che si deve chiedere veramente perdono; comporta che ci si mette a implorare Dio. Perché tutto è possibile a Dio. A quel Dio che un po’ i discepoli di Gesù conoscevano prima di incontrare Gesù, a quel Dio che però Gesù spiega fino in fondo. A quel Dio che, come rivela Gesù, tutto è possibile. Se lo si prega con umiltà. C’è poi la faccenda del “di più” già di qua, assieme a persecuzioni. Chi segue Gesù per l’annuncio del Regno, chi lascia tutto per questo ... Anzitutto dev’essere chiamato a questo da Gesù [1]: non è una questione di merito personale o di selezione a un concorso non truccato. Poi, la vita del chiamato consiste dapprima nel vivere con Gesù [2], nel non essere avvinghiato ai beni [3] e nel non essere diviso negli affetti [4]. Quindi c’è la missione [5].
Perché, stando a come parla Gesù, una volta che le prime quattro di queste situazioni si trovano assieme, allora chi è chiamato per il Regno si accorge che si dispone verso tutti e tutto con intensità profonda, con affetto non mutevole e con dedizione totale. E questo accade perché Gesù, Dio, diviene il perno e il motore delle scelte di ogni giorno e gli altri sono la preoccupazione del cuore perché Dio manda a salvarli. Gli affetti umani divengono pieni, e tendono a essere pieni verso tutti, verso ciascuno secondo quello che è il bisogno di quel ciascuno e secondo le modalità che convengono a quel ciascuno. Questo è quello che ha mostrato Gesù. C’è poi la faccenda delle persecuzioni. Che vengono dagli uomini avvinghiati alle cose, avidi, paurosi, superbi, ma che sono alla fine sempre alimentate da satana, che è il nemico del Regno di Gesù. Tutta la predicazione di Gesù e la Sua vita lo mostrano.
E sulle persecuzioni io non ho molto da dire, quasi nulla, se non che mi danno molto fastidio, anzi rabbia, e devo accettare che Gesù non “ha voluto” toglierle. Non le vuole, non le ha mai volute, si è comportato in maniera scaltra e attenta verso di loro e verso i persecutori, ma non le ha tolte. Satana, purtroppo, andrà combattuto fino alla fine, e ce l’ha con noi perché a Gesù ormai non può fare più nulla, e comunque non ha mai avuto su di Lui un vero potere. E qui davvero, solo il ricorso a Dio ci rende tutto possibile. E la cattiveria di satana, che ci provoca le persecuzioni attraverso gli uomini corrotti nel cuore o attraverso il suo diretto intervento (tentazioni improvvise nella mente ed eventualmente, le cose peggiori ancora di queste), è cattiveria di vendetta e di vigliaccheria, perché siccome a Dio non può fare nulla, cerca di distruggere noi, che siamo di Dio. Coraggio sempre. Vi benedico con affetto.

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